Felice

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La sera dopo, il tappo dello spumante esplose nel soggiorno di casa Macks, rischiando di andare a colpire il lampadario di cristallo che illuminava la sala.

Ci fu un coro di applausi, o meglio, Eve, Cindy e persino Anna applaudirono, mentre io e James fissavamo sbigottiti la scena. Anche se avessi voluto applaudire a mia volta, comunque, avevo un braccio immobilizzato, quindi mi sarebbe risultato impossibile.

Il tavolino in vetro davanti a quel sofà di pietra era stato sostituito, non so come, da un tavolo molto più grande, adesso imbandito da ogni genere di pietanza possibile: pollo, patatine, insalata greca, panini, rosbif, qualsiasi tipo di bevanda analcolica esistente al mondo, persino una teglia grandissima di pasta al forno.

Cindy e la figlia avevano sorrisi giganti, si erano pure vestite eleganti per l'occasione: la madre con abitino floreale dalla gonna svolazzante, Eve con un vero e proprio tailleur rosa. Si erano pure acconciate i capelli in due chignon perfetti, come se stessero per partecipare alla serata per gli Oscar.

James era seduto su una delle poltrone accanto al tavolo gigante, alla mia destra, stava fissando la scena con gli occhi che fra poco gli cadevano dalle orbite nel guardare Cindy sollevare lo spumante appena aperto in segno di trionfo ed Eve continuare ad applaudire, quasi aveva le lacrime agli occhi tant'era grande l'emozione.

«Oggi è un gran giorno!» strillò la mia amica, più gongolante che mai.

«E-Eve» la chiamò James. «Lo sa-sai, ve-vero, che non abbiamo ventun anni.»

Lei gli lanciò un'occhiataccia. «Sei il solito guastafeste, James» dichiarò irritata. «Sì, lo so benissimo. Questo è uno di quegli spumanti analcolici per minorenni, non ti preoccupare.» Esitò un istante. «Forse

Anna, sulla poltrona alla mia sinistra, inarcò un sopracciglio in uno stato di confusione. Cindy, dopo averla incontrata in ospedale, l'aveva invitata a quel "party" che ufficialmente serviva per festeggiare il mio "compleanno", e dato che lei era la mia salvatrice, l'aveva praticamente obbligata a partecipare.

In verità, la storia era un po' più complicata di così.

Non avevamo spiegato nel dettaglio ai miei amici e a Cindy quello che era successo durante il mio rapimento e su chi fosse Anna, solo a grandi linee. Eppure, era bastato per commuovere profondamente l'anima super empatica della signora Macks. Davanti alla storia straziante di Anna e al suo coraggio per aiutare il figlio, Cindy, con un fazzoletto al naso e gli occhi che stavano per esplodere a causa delle lacrime, si era opposta fermamente all'idea che la mamma di Ruben dormisse da sola agli alloggi che io e Kevin le avevamo trovato, e aveva suggerito (ordinato) che stesse, invece - almeno fino a quando la sua situazione non si fosse un po' più stabilita - nel capanno del loro giardino, un capanno di legno che il marito aveva costruito per ospitare la suocera quando li veniva a trovare dallo Utah.

Al momento, finché non avessi trovato un appartamento per me e non mi avessero tolto il gesso (avevo bisogno di aiuto per lavarmi), io avrei occupato la stanza degli ospiti, ma Cindy aveva detto che, anche una volta che me ne fossi andata, Anna avrebbe potuto rimanere nel capanno. Poiché era un'adulta, le aveva spiegato, aveva sicuramente bisogno della sua privacy, si sarebbe sentita a disagio a stare nella camera degli ospiti, in una casa non sua con altri estranei.

Davanti a quella proposta, Anna era rimasta così sconvolta che per un attimo aveva rischiato di cadere a terra e svenire, Eve stava per chiamare gli infermieri per chiederle un lettino dove farla sdraiare.

Lei aveva guardato allucinata prima la madre e la figlia, sbattendo più e più volte le palpebre, come se si stesse chiedendo se per caso avesse ripreso a iniettarsi eroina senza che se ne fosse accorta. «È una sorta di epidemia?» aveva domandato sconvolta. «Un'influenza di segatura che si è diffusa a macchia d'olio senza che me ne accorgessi?»

Apologia di Callisto - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora