Odore di sigaretta.
Un effluvio pungente, nauseabondo, che lo circondava e mi scorticava i polmoni.
I suoi occhi nei miei, biglie illuminate dalla luna, le pupille che scavavano a fondo su di me e in me, alla ricerca di una verità che non sapevo di possedere.
La sua espressione intransigente, che non avrebbe mai perdonato alcun tipo di peccato, quella rabbia sottile che gli aggrottava la fronte, una collera che gli irrigidiva tutto il corpo. Le labbra e il mento insudiciate dal sangue rinsecchito gli conferivano un'aria ancora più aggressiva, una tensione che riuscivi a respirare a gocce nell'aria.
Quale fosse il mio crimine, tuttavia, non lo sapevo.
Lo guardavo, di fronte a lui, in piedi, con il mio povero pigiama e tutti i dubbi a implodermi in testa, gli sorridevo confusa, perché in quella nebulosa corrente che aveva creato mi ritrovavo persa e sola.
Ruben si sollevò dal letto, le molle della rete accompagnarono ogni suo gesto quasi a voler ridere di noi, della bizzarra situazione in cui ci eravamo ritrovati. Sembravano sghignazzare a ogni passo claudicante che lui compiva verso la mia direzione.
Venne da me in silenzio, senza mai staccare lo sguardo. I nostri occhi erano incatenati tra loro come stelle appartenenti alla stessa costellazione. Mi arrivò davanti, il suo grande e lungo corpo coprì il mio sotto un'ombra gigante, il suo respiro mi alitò sul capo. L'odore di sigarette si fece più pungente, un pizzicore che mi faceva prudere il naso.
«Tu» ringhiò, e io non potei fare a meno di notare il modo in cui modulava la propria voce, stando attento ogni secondo a far sì che continuasse a risultare aggressiva, il verso di un animale pronto ad attaccare in qualsiasi momento, «che cosa vuoi da me?»
Di tutte le domande che avrebbe potuto farmi, quella era l'unica che non avevo affatto previsto. Mi chiesi cosa avrei dovuto dirgli, visto che una risposta effettiva non esisteva proprio. "Nulla" sarebbe stato corretto, ma avevo la forte sensazione che non mi avrebbe creduto.
«Ti conosco da tipo cinque giorni» gli feci notare allora. «Che diavolo dovrei volere da te?» Il mio sguardo ricadde sul sangue che lo ricopriva. «Posso pulirti il viso? Sei proprio-»
«Non esiste» mi interruppe lui, «una gentilezza che non richiede nulla in cambio.»
Ero completamente spaesata, il suo discorso filosofico non era proprio adatto a quell'orario notturno. «Ho pensato» spiegai, «che se ti avessero beccato, avrebbero messo le grate alle finestre, e l'idea non mi piace proprio. Sarebbe come essere rinchiusa in una prigione.» Di nuovo, aggiunsi nella testa, ben attenta a non pronunciarlo.
«Quindi» disse, «tu mi avresti aiutato solo perché non vuoi le grate alla finestra?»
Annuii, ma l'ombra nei suoi occhi mi fece capire sin da subito che non era per niente convinto. Mi chiesi in che modo avrei potuto fargli capire la mia posizione, ma non sorse nulla alla mente.
«Ehi» lo chiamai, «so che non c'entra niente, ma posso pulirti il volto? Ti deve dare fastidio tutto quel sangue.»
Lui non rispose, i suoi occhi continuarono a scrutarmi con sospetto. «Farò subito» mi affrettai a precisare, «e starò attenta a non toccarti se non attraverso l'asciugamano.»
Interpretai il suo silenzio come un assenso, perciò mi sbrigai a prendere uno degli asciugamani rossi piegati dentro il cassetto dell'armadio, sulla parete sinistra. Afferrai la bottiglietta d'acqua che lasciavo sempre ai piedi del letto e la usai per impregnare la stoffa morbida.
«Ci impiegherò un attimo» precisai, mostrandoglielo a un centimetro dalla bocca. Lui non disse nulla, me lo strappò di mano senza proferir parola e iniziò a tamponarselo sulla bocca e il mento. Richiusi le dita a pugno e mi silenziai, mentre Ruben si ripuliva in fretta, strofinandosi il tessuto con fin troppa violenza.
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Apologia di Callisto - COMPLETA
ChickLit"Per stare accanto alla persona che più ami al mondo, cosa saresti disposto a fare?" Mentirle. "Se dovessi scegliere tra la tua libertà o la sua salvezza, cosa sceglieresti?" La sua salvezza. Da sempre e per sempre. **** Jesse e Callisto sono fratel...