Il mio eroe - Epilogo

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«Hector!»

La voce della bambina si levò nell'aria, sfondando il rumore fragoroso dei suoi compagni di classe intenti ad uscire dalla loro scuola e a raggiungere i genitori che, come Hector, erano arrivati lì per prenderli e portarli a casa.

Indossava un grembiulino rosa a quadretti e delle scarpe da ginnastica dello stesso colore, ma a renderla magnifica fu il gigantesco sorriso che le sollevò le labbra, quando scorse la figura di suo fratello maggiore all'ingresso dei cancelli della scuola, fermo ad attenderla.

«Fatina! Sono venuto a prenderti!»

Lei corse verso di lui saltellando. Hector, nella sua divisa da calcio arancione, si piegò sulle gambe, le braccia spalancate per poter accogliere la sorellina e stringerla a sé, tra le risate giocherellone di entrambi. «Che ci fai qui?» gli domandò poi, guardandolo, gli occhi nocciola ancora illuminati dalla felicità di vederlo. «Papà doveva venirmi a prendere, oggi! Tu non dovresti essere coi tuoi amici a festeggiare il compleanno?»

Hector le sorrise a propria volta, la sollevò da terra, stringendola a sé, e lei lanciò un urletto stridulo per poi sghignazzare di nuovo, avvolgendo con forza le braccia attorno al collo del fratello maggiore che si avviava verso la strada di casa, percorrendo il marciapiede.

«Cambio di programmi, fatina» le spiegò lui. «Ho detto a papà che ti sarei andato a prendere io, così lui ha potuto accompagnare la mamma a trovare lo zio al cimitero.»

La piccola lo guardò confusa e nello scorgere la sua perplessità, il sorriso di Hector si fece più delicato. «Lo so che stai pensando» le disse, «la verità, fatina, è che oggi non è solo il mio compleanno.»

«Non lo è?»

«Ah-ah» confermò lui, mentre le sistemava una ciocca castana dei suoi capelli dietro l'orecchio, «è anche l'anniversario della morte dello zio. La mamma fino ad ora non è voluta andarlo a trovare oggi perché non voleva che pensassi soffrisse per colpa mia, ma le ho detto che può stare tranquilla. Ormai ho sedici anni, non mi offenderei per una cosa del genere, lo so bene quanto vuole bene allo zio.»

Lei non parve comprendere del tutto ed Hector sghignazzò ancora. «Quando crescerai, capirai» fu il suo commento. «E poi era da un bel po' che non ti venivo a prendere a scuola, dovevo assolutamente rimediare.»

La piccola si strinse di più al fratello, ancora retta da lui in aria da quell'abbraccio con cui la teneva legata a sé. «Meglio così» dichiarò alla fine, con aria fiera, «sono il regalo migliore per il tuo compleanno.»

«Ma tu sentila, che vanitosa» replicò Hector, divertito. «Da dove lo prendi tutto questo egocentrismo? Non certo da me.»

«Mica sono scema, lo so che sono la più bella.»

«Vedo il tuo naso crescere come quello di Pinocchio.»

«Pinocchio era brutto, io sono bellissima invece.»

Le diede un pizzico al nasino appena citato, lei ridacchiò. «Hector, lo sai che oggi la maestra ha parlato della mamma e dello zio?» disse a quel punto e lui la guardò con un sopracciglio inarcato. Lei sollevò la mano e iniziò a giocherellare con uno dei suoi ricci biondi. «Ha detto che sono super-mega-iper famosi, che sono degli eroi e che hanno fatto su di loro pure un film!» esclamò poi, con le guance rosse per l'entusiasmo.

«Sì, lo sapevo.»

La piccola spalancò la bocca, stupefatta, cominciò a dargli dei pugni alla spalla. «E non me l'avete mai detto?! Che cattivi! Pure io voglio vedere quel film!»

«Sei ancora troppo piccola per vederlo» dichiarò severo lui, ignorando i suoi pugni.

«Non sono piccola! Ho nove anni!»

Apologia di Callisto - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora