Tornammo a casa di Eve la sera di quello stesso giorno, alle undici inoltrate, dopo aver passato quasi tredici ore alla centrale di polizia. Dentro di me, mi sentivo come svuotata. Mai avrei creduto che sarei stata capace di parlare a degli agenti veri e propri delle mie punizioni, mai avrei creduto che mi sarei messa a discutere su tutti i minimi particolari delle sevizie che avevo iniziato a subire da quando avevo sette anni. Era stato doloroso, estremamente, violentemente doloroso. Avevo pianto ancora, e ancora, e ancora, non ero più riuscita a frenarmi, una volta che avevo iniziato a narrare ogni vicenda.
La mano di Kevin sulla mia spalla, però, mi aveva confortata per tutto il tempo. Mi era sembrato di avere un vero e proprio scudo al mio fianco, uno scudo che mi era stato lasciato da mio fratello e che per questo sapevo essere indistruttibile.
Come Kevin aveva sperato, i giornalisti non erano ancora arrivati quando eravamo arrivati là, ma altrettanto non avevamo potuto dire quando ne eravamo dovuti uscire. A quel punto, gli agenti erano stati costretti a darci un veicolo di copertura con cui andarcene via dalla centrale senza farci inseguire da quella mandria di persone con i microfoni e i registratori in mano, le videocamere già pronte.
Li avevo visti attraverso il finestrino scuro della macchina, lontani da noi, mentre assalivano un poliziotto che era stato incaricato a rispondere alle domande. Sembravano un unico, gigantesco masso di esseri umani che si accalcava tutto sulla facciata d'ingresso della centrale di polizia. Quasi mi spaventavano.
«Avvoltoi» aveva commentato Kevin, seduto accanto a me. «Ma se sfruttati bene, possono esserci molto, molto utili. È a questo che serviamo noi avvocati.»
Quando ritornammo a casa di Eve, lei corse subito ad aprirci la porta. Mi saltò addosso in un abbraccio stritolatore che mi fece venir voglia di piangere ancora, ma per la felicità, stavolta.
«Cristo, Callisto» mormorò, «stavo iniziando a preoccuparmi.» Si fermò, guardò il mio viso, e i suoi occhi si sbarrarono. «Ci sono brutte novità?»
Kevin mi posò una mano sul capo. «È meglio parlarne dentro» disse alla fine. Non sorrideva come al solito, e questo fu sufficiente per far comprendere tutto.
In casa Macks adesso c'erano solo Eve, Ruben e Cindy. Quest'ultima mi fece di nuovo sedere sul divano di pietra del soggiorno, accanto a Ruben, mentre Eve, già nel suo pigiama, restò in piedi di fronte a noi, la schiena posata contro il muro, accanto alla finestra, e Kevin si mise sulla poltrona lì accanto, in pelle bianca.
La mamma di Eve portò a tutti del tè, prima di mettersi a sua volta a sedere, alla mia sinistra.
«Quindi?» Ruben fu il primo a parlare.
Serrai la mascella, la tazza tra le mie dita. Esitai per qualche istante, prima di rivelare la verità che più mi spaventava da quando ero uscita dalla centrale di polizia: «Mamma è scappata.»
Ci furono almeno cinque secondi di silenzio.
«Che cosa?!»
L'urlo di Eve e Cindy fu così forte e acuto da farmi sanguinare i timpani. Accanto a me, sentii tutto il corpo di Ruben irrigidirsi.
«È proprio così» confermò Kevin con un sospiro, sistemandosi gli occhiali sul naso. «La polizia ha mandato una pattuglia all'appartamento della famiglia Murray tre ore prima che noi ci presentassimo in centrale e lì hanno trovato solo Carl Murray.»
Il volto di Eve tramutò in una maschera d'ira. «Lurida figlia di puttana» sibilò a denti stretti.
«Come ha fatto a scappare?» chiese Cindy, l'espressione a metà tra l'orrore e il disgusto.
Kevin scosse la testa. «Non lo sanno ancora. Sospettano che il marito l'abbia aiutata. Ma Carl Murray, non appena la polizia si è presentata a casa sua, ha rivendicato subito il diritto di chiamare il suo avvocato.»
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Apologia di Callisto - COMPLETA
ChickLit"Per stare accanto alla persona che più ami al mondo, cosa saresti disposto a fare?" Mentirle. "Se dovessi scegliere tra la tua libertà o la sua salvezza, cosa sceglieresti?" La sua salvezza. Da sempre e per sempre. **** Jesse e Callisto sono fratel...