Sopravvivere

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(Lo so, capitolo lunghissimo, ma sinceramente, STOCAZZO! Mi rifiuto di dividerlo, MI RIFIUTO, la storia di Anna non merita di essere spezzata)

*

Non riuscivo a capire cosa stava succedendo.

Non riuscivo proprio a capirlo.

Per un secondo, ebbi paura di star soffrendo di allucinazioni, ma era strano, perché mamma – proprio come quella sconosciuta mi aveva appena detto – era stata attenta a non picchiarmi in testa per assicurarsi che rimanessi lucida ad ogni colpo e patissi appieno la sofferenza di quei calci e pugni in tutto il corpo.

Ero morta?

Non sapevo come altro spiegarmi la presenza della madre del ragazzo che amavo lì, davanti a me, nel capannone in cui ero stata portata dopo che mi avevano rapita. Lo stupore era talmente grande ed elevato che smisi persino di sentire il dolore che mi tormentava ad ogni parte: che fossero le gambe, le braccia, la schiena, lo stomaco, il bacino e tutto il resto.

Lei mi scrutò con espressione severa, le sopracciglia aggrottate in un cipiglio a me fin troppo familiare.

«Ragazzina» mi chiamò di nuovo. Aveva una voce femminile, ma al contempo durissima, fredda e marcata, che ti stupiva più di quanto già non lo facesse la sua bellezza innata. «Sono onorata di sapere che conosci il mio nome, ma se continui così, fra poco ti cadrà la mascella a terra e per quanto la cosa mi diverta un mondo, come ti ho ripetuto per settantamila volte, non abbiamo tempo. Dobbiamo muoverci, perciò ora alza subito quel culo devastato che ti ritrovi. Quella cagna non te l'ha ancora sfondato, perciò stringi le chiappe e tirati su.»

Uno scoppio improvviso, proveniente da fuori il capannone, da oltre la porta in cui due dei miei sequestratori se n'erano andati via, lasciandomi da sola con mia madre, esplose nell'aria. Sussultai, fissando quella stessa porta a occhi sgranati. «Cosa sta-»

«Niente domande, bamboccia, avrai tempo dopo per farle. Al momento, muoviti

Un latrato vero e proprio, il suo, che mi spaventò persino più di quello scoppio. Le sopracciglia erano così aggrottate, adesso, che sulla radice del naso le si era formata una ruga a forma di V.

Inghiottii quel poco di saliva che mi era rimasta dopo che la mamma me l'aveva fatta sputare per ore, e mi costrinsi con una forza disumana a risollevarmi in piedi. Lei mi diede la sua mano per agevolarmi, e io la strinsi in modo quasi automatico, senza nemmeno chiedermi troppo il perché.

Non appena fui in equilibrio sulle mie gambe, migliaia di fitte mi investirono subito, ovunque, in particolar modo la pancia, il punto che la mamma aveva colpito di più, continuando a dirmi che era quello che avrebbe dovuto fare a sé stessa quando aveva scoperto di esser rimasta incinta di me, pur di abortirmi.

Mi piegai senza accorgermene per il dolore, sibilante e senza fiato, ma Anna mi impedì di cadere a terra, bloccandomi il torso già in procinto di precipitare in avanti con le mani a serrarmi le spalle.

Era... strano. Quella donna rasentava l'anoressia, ormai, eppure la sua stretta era spaventosa, durissima. Era una ragazza mingherlina, dall'aspetto più emaciato del mio, ma in viso sembrava più sicura e determinata che mai, come se non avesse un solo dubbio su quel che stava facendo, come se era sicura che ce l'avrebbe fatta ad ogni costo.

«Sono i peggiori, quelli allo stomaco» la sentii commentare, mentre mi ricostringeva a rimettermi in posizione eretta. «Ma ho dato un'occhiata, mentre eri svenuta, ragazzina, non sembra ci sia niente di particolarmente rotto, forse qualche leggera frattura. Per sfortuna di quella zoccola che ti ha generato, non è così forte fisicamente come crede e non se ne intende per niente di violenza fisica. Avrebbe dovuto rimanere alle torture, se proprio voleva farti del male, quelle funzionano bene.»

Apologia di Callisto - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora