Carillon

1K 81 20
                                    



Non so per quanto tempo rimasi ferma lì, seduta accanto a quel letto, a stringergli la mano anche ora che non serviva più a niente.

Ricordo che mi preoccupai subito di abbassargli le palpebre e asciugargli il volto bagnato dalle lacrime, di infilargli in bocca la lingua ancora di fuori e richiudergli le labbra. Non gli sarebbe piaciuto farsi vedere dagli altri in quel modo.

Ricordo il rumore dei passi dei medici che entravano nella stanza e mormoravano qualcosa, forse registravano l'ora del decesso.

Ricordo che mi sembrò surreale, di star vivendo un sogno.

Ricordo che cercai di trattenere più calore possibile dalla sua mano che ancora stringevo, perché sapevo che non ne avrei potuto ricevere altro, d'ora in poi.

Qualcuno mi parlò, non so chi, forse uno dei dottori, forse un infermiere, ma non riuscii a sentirlo.

Jesse sembrava dormire, ma stavolta per sempre.

Gli carezzai il viso pallido. Pensai di togliergli tutti quei tubi che aveva attaccati al corpo, ma non sapevo se la clinica me l'avrebbe permesso.

Mi sembrava di essere ubriaca, i pensieri si scioglievano nella caligine in testa, non riuscivo a individuarli. Ero certa di star provando qualcosa, ma quale sentimento fosse ancora non lo sapevo.

Era come se non riuscissi a realizzare che il momento era arrivato.

Come se mi aspettassi che all'improvviso lui spalancasse le palpebre, sorridesse, e urlasse a gran voce: «Ah-Ah! Vi ho fottuti ancora una volta!»

Ma non era così.

Non era così.

Jesse era morto.

Morto.

Me lo ripetei in testa, mentre continuavo a carezzargli il viso, a sistemargli il cappellino, il suo stupido cappellino, eppure quella parola continuava a non avere senso.

«Signorina Murray.»

Mi piegai in avanti, baciai mio fratello sulla fronte.

«Buona notte» gli sussurrai. «Adesso puoi finalmente riposare quanto vuoi.»

Una mano mi si posò sulla spalla. Sollevai lo sguardo, sorpresa nel trovarmi la figura di Kevin accanto. Aveva gli occhi seri, ma una luce di dolore li illuminava, le sopracciglia aggrottate.

Deglutii, mi alzai in piedi.

Non... non riuscivo a sentire, non riuscivo a provare.

Uscii da quella stanza come in trance, con le gambe che neanche sapevo come facessero a muoversi da sole. Dentro, sentivo di star venendo caricata come un carillon, qualcuno continuava a girare la mia manovella, e io non avrei proprio saputo dire che musica avrei prodotto, una volta che l'avesse lasciata andare.

Scorsi Eve, James e Ruben seduti sulle poltrone della sala d'attesa. Mi videro arrivare e all'istante si alzarono in piedi, corsero verso di me, mi guardarono negli occhi, capirono.

«Oh, Callisto» squittì Eve, mentre le lacrime grondavano dal suo viso.

«Io» mormorai, per poi bloccarmi. Non riuscivo a capire... non riuscivo a capire cosa dovevo fare. «Io credo... di aver bisogno di aria pulita» dissi alla fine e mi ritrovai a sorridere, a ridere. «Sono stata chiusa in quella stanza per ore. Ho bisogno... ho bisogno di respirare un po'.»

James ed Eve si scambiarono un'occhiata, e Ruben aggrottò appena la fronte. Ma non m'importava. Non m'importava più niente. Non m'interessava.

Volevo solo...

Apologia di Callisto - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora