L'amore esiste

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«Cosa diavolo è successo?»

Trasalii, spaventata. Mai in tutta la vita mi era capitato di vedere mio fratello così furioso. Seduto sul letto d'ospedale, mi fissava con gli occhi sgranati carichi d'ira, le narici dilatate, la bocca squarciata da una smorfia di puro orrore. Eravamo a mezzo metro da lui, eppure, seppur distante, mi ritrovai comunque a tremare sotto il suo sguardo furibondo. Il sorriso pure traballava, e solo con una violenza inaudita riuscii a non farlo crollare.

«Guardala, Jesse» sentii le mani della mamma posarsi sulle mie spalle con una delicatezza che mai mi aveva riservato, la sua voce dolce sfiorarmi l'orecchio, «l'ha voluto fare per te, voleva esserti solidale, non sei contento?»

Jesse si strappò il cappellino di lana bianca che gli ricopriva il capo e lo lanciò contro la faccia di mamma, sopra il mio capo. «Perché diavolo» urlò a squarciagola, spalancando la bocca per la furia, «dovrei essere felice di vedere mia sorella somigliare a una malata come me?»

«Calmati, figliolo.» Papà, alla mia sinistra, avanzò di un passo, con tono gentile. «Callisto voleva solo esserti accanto in questo modo, non-»

«Lei mi è già accanto! Non ho bisogno che si rasi tutta la testa per saperlo!» lo interruppe con un grido Jesse. Respirava con affanno, e la flebo attaccata al braccio vibrava a ogni mossa. «Callisto, perché? Ti piacevano così tanto i tuoi capelli! Non dovevi-»

«Ama più te che i suoi capelli» replicò la mamma, carezzandomi il capo ora completamente nudo e glabro. Avevo desiderato un simile gesto di gentilezza da parte sua per anni, ma ora che lo stavo ricevendo mi rendevo conto di quanto spaventoso fosse. Sentivo un uragano vorticarmi nel petto e trascinare via tutte le mie speranze e buone intenzioni. «Sono solo capelli, tesoro, non c'è bisogno che ti arrabbi così. Le ricresceranno.»

«Ah sì? Se sono solo capelli, perché non ti radi i tuoi, mamma?»

Sentii la mamma sussultare alle mie spalle.

«E perché non lo fai tu, papà?» sputò ancora Jesse, in un'espressione di disgusto. «Ah, giusto, non ne avete il coraggio! Lo fate solo su Callisto.»

«Ti stai sbagliando, figliolo» intervenne papà. «Noi non abbiamo fatto niente, è stata Callisto a suggerirlo.»

Continuai a sorridere, le labbra cucite, mentre la stretta della mamma sulle mie spalle si fece più forte. «Noi eravamo contrari, ma lei ha insistito così tanto!» cinguettò con voce angelica. «Ci siamo commossi davanti al suo spirito di solidarietà.»

Jesse inspirò con forza dal naso, fece calare lo sguardo su di me, le sopracciglia aggrottate.

«È così, Callisto?»

Mi sentii appassire dentro.

Sfiorirmi petalo per petalo, senza più avere profumi addosso dietro cui nascondermi.

La stretta della mamma si era fatta impercettibilmente più forte, le sue lunghe unghie rosse mi stavano sfiorando la pelle della clavicola, ne percepivo la punta contro la carne, il principio del taglio.

Sollevai gli angoli delle labbra. «Sì, è così» chiosai, e quella menzogna mi colò giù per la gola come acido, «volevo essere come te, Jesse, così non saresti stato più triste.»

Jesse mi osservò per qualche secondo, analizzò ogni centimetro del mio sorriso, per cercare le bugie che celava dietro le labbra. La camicia dell'ospedale, azzurra, si tendeva sotto le contrazioni forti del petto. «Callisto» mi chiamò ancora, «è davvero così?»

Apologia di Callisto - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora