XIX capitolo _ La prima e ultima caccia

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La sua prima caccia di gruppo Selene l'aveva fatta a tredici anni. Non era andata bene; se si voleva usare un eufemismo. Sul furgoncino del ritorno, la ragazza aveva sentito gli occhi di tutti puntati su di lei. Era un camioncino senza sedili ma con due panche lunghe alle pareti del furgone, e così stavano tutti gli uni in fronte agli altri, seduti in assoluto silenzio. Appena Selene sollevava il suo sguardo vitreo, subito gli altri cacciatori scappavano via con gli occhi girando la testa, ma non abbastanza in fretta perché lei non ne cogliesse il guizzo. Dopotutto non la si vedeva tutti i giorni una ragazzina della sua età coperta del sangue di un coetaneo.

Non sarebbe dovuta andare a quel modo. Doveva essere una missione tranquilla. Selene e Raoul erano stati mandati in Emilia-Romagna, per unirsi a una battuta di caccia per minorenni. Selene avrebbe preferito una caccia "vera", invece della "versione tarocca per poppanti"; così l'aveva descritta a Lucas, in viaggio insieme a lei e Raoul, e ci aveva pure aggiunto un'espressione imbronciata. Ma la sua solita alterigia non aveva saputo sminuire l'emozione. Selene aveva fantasticato a occhi aperti durante tutto il viaggio in auto da Sulmona fino a Brescello, un paesino nella provincia di Reggio-Emilia che si affacciava sul Po e sul confine Lombardo. Neppure quella faccia da beccamorto di Raoul avrebbe potuto smontarle l'entusiasmo. Era la sua prima vera missione da cacciatrice, e aveva soltanto fretta che fosse finita per cominciarne una nuova.

L'obiettivo era semplice, quasi una gara tra amici: catturare il Mazapégul. Si trattava di un folletto, una sorta di scimmia dispettosa che infestava le case e le fattorie, e che aveva la cattiva fama di molestare le ragazze. A quanto pareva indossava pure un cappellino rosso.

Erano arrivati con la sera, sulle rive del fiume dove il folletto faceva la tana. C'erano anche i cacciatori adulti con loro, alcuni del posto per supervisionare, mentre gli altri, come Lucas, erano lì per accompagnare i loro pupilli. Non avrebbero preso parte alla caccia, il loro compito era soltanto osservare, annoiarsi, e magari farsi qualche risata. I ragazzi invece erano stati accoppiati secondo la loro età. Selene non era stata messa con Raoul perché aveva due anni più di lei. Che a parere di Selene era soltanto ingiusto, perché significava enfatizzare la disparità tra le coppie. Così l'avevano messa in squadra con un moccioso toscano, Loris, che parlava troppo e si mangiava tutte le "c". Inoltre doveva avere qualche rotella fuori posto, perché si era presentato a caccia armato di granate.

«Ma da piccolo ti hanno dato la droga invece del latte? – gli aveva chiesto Selene facendo tanto d'occhi.

«Guarda 'he, mi'a dobbiamo prenderlo vivo il Mazzapegùl. Basta 'he tu lo fai venir fuori dalla sua tana, e io lo faccio se''o.»

«Intanto si chiama "Mazapégul". E secondo te con quale bacchetta magica dovrei farlo uscire?»

«Ho sentito dire 'he i Mazzapegùl vivono sul fiume per'hé gli piace guardare le femmine in 'ostume 'he fanno il bagno. Magari se ti metti an'he tu in 'ostume poi ne troviamo uno prima degli altri... ahio!»

Selene gli aveva giustamente tirato una sberla. Fosse stato per lei l'avrebbe mollato indietro già da un pezzo. Purtroppo però li avevano tutti ammanettati gli uni agli altri per insegnare loro a lavorare in squadra. Così non potevi scappare o rallentare senza farla pagare anche al tuo compagno; e Loris aveva avuto la brillante idea di venire con le scarpe da ginnastica, e s'impantanava un passo sì e l'altro pure.

Selene nel frattempo guardava Raoul che si muoveva agile insieme a una spilungona dalle gambe lunghe che pareva uscita da un inserto di Vogue Italia.

«Ehi, aspetta 'he mi sono in'astrato...» si era lamentato per l'ennesima volta il suo compagno.

«Loris, se non la fai finita te li taglio quei piedi.»

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora