XXXIII capitolo _ Gemellaggio

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L'ago ricurvo s'infilò nella carne aperta, e la mano tirò il filo con uno strattone. Il cacciatore siculo si lasciò sfuggire un lamento.

«Sei solo maldestro o lo fai apposta? – chiese Lucas con tono di rimprovero.

«Scusa – rispose poco sinceramente l'uomo con gli occhi gialli.

Il pirata scrutava dentro quelle iridi color dell'ambra, identiche a quelle che aveva visto spegnersi in mezzo a un campo di grano, e cercava ancora di assimilare la rivelazione.

Durante la loro silenziosa fuga notturna una domanda lo aveva assillato: com'era possibile che Ottavio, la scolta di Udine, fosse ancora vivo? Lucas aveva ipotizzato una dozzina di risposte diverse, una più folle dell'altra. "Inganno teatrale": lo scontro con il pavarò era stata tutta una messa in scena; da scartare. "Sortilegio necronomico": stava fuggendo per i vicoli di Pordenone in compagnia di uno zombie; anche in quel caso, c'erano troppe "gambe" in quella fuga, dal momento che Ottavio le aveva perse entrambe.

Purtroppo era un caso di deformazione personale: fare la vita del cacciatore spingeva Lucas alle soluzioni più mistiche e sorprendenti, e la febbre incipiente per la ferita alla spalla non aveva aiutato. Eppure la verità era l'unica soluzione ovvia, e per certi aspetti anche la più mistica.

"Un gemello".

«Abbiamo finito – disse chiudendo il nodo Arturo Pavan, il fratello di Ottavio.

Lucas raccolse la garza, che il suo nuovo alleato gli scotchò alla clavicola. Durante tutto il processo non gli scollò mai di dosso gli occhi febbricitanti.

«Potresti farla finita? – chiese gentilmente l'uomo – sei inquietante.»

«Tu sei inquietante.»

Era identico a Ottavio, due copie sputate, omozigoti evidentemente. Eppure, al contempo, così diversi. Al di là dell'altezza che non superava il metro e settantacinque, Arturo aveva la stessa struttura fisica nervosa e asciutta di Ottavio, forse leggermente più tonica. Persino la mascella e così la mandibola: spesso a causa di una diversa masticazione la loro forma era il carattere più distintivo tra gemelli. Erano assolutamente identiche.

Al contempo, però, Arturo aveva un'aria molto più dimessa di suo fratello. Sotto il ponte di Cividale, Ottavio avevo accolto Lucas e Selene impettito e a testa alta; Arturo invece stava chiuso su spalle e schiena, quasi avesse il petto carenato. I capelli, seppur d'identico colore, erano pettinati noiosamente sul lato, dove invece Ottavio li ravviva con il gel. Ma era soprattutto negli occhi e nella voce che Lucas notava la differenza più grande. Ottavio al loro incontro aveva espresso certezza in ogni suo gesto, fino a risultare presuntuoso. Arturo invece sembrava nascondere un nuovo dubbio dietro ogni pensiero.

Mentre Lucas si aggiustava la camicia, il gemello lo studiava con la coda dell'occhio con fare inquisitorio.

«Non l'ho ucciso io tuo fratello – chiarificò subito Lucas.

Arturo strabuzzò a quell'affermazione: «Credi non lo sappia già? Se no cosa ti aiutavo a fare?»

«Allora perché mi pedini da due settimane?»

«Perché ti sei andato a cacciare dentro un pasticcio più grande di quello che pensi.»

«Intendi i Figli di Aita?»

«Intendo che non ce l'ha un nome. Non è una partita di calcio a squadre, è una faccenda più complicata di così.»

«Fortuna che ci sei tu a spiegarmi le cose allora.»

«Ti spiegherò quando non dovremo più guardarci le spalle. Tieni, dobbiamo andare – gli disse offrendogli il suo cappotto scuro.

«Dove?»

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora