Capitolo XXXIV _ Trappole suggestive

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Amedeo del Bon si riteneva un librario affidabile quasi quanto il suo orologio. Era un orologio da taschino Omega 19''' HRO, il modello che veniva dato in dotazione a tutti i ferrovieri come suo padre negli anni '50. La cassa era in acciaio inossidabile, e il quadrante bianco con numeri arabi neri e lancette blu. Era segnato dai graffi del tempo, ma il meccanismo rimaneva puntuale quanto al suo primo giro di carica.

Alle 7.10 del mattino Amedeo si alzava dal letto, e per le 7.40 era pronto lavato e vestito, occupato a sorseggiare il suo primo caffè con due biscotti Macine Mulino Bianco. Alle 7.55 viaggiava per strada, in sella alla sua bicicletta diretto a scuola. Varcava i cancelli del Malignani in un orario oscillante tra le 8.12 e le 8.15, a seconda del traffico. Da lì decideva quanto fosse necessario affrettare il passo per raggiungere il suo ufficio entro le 8.20.

La segretaria sapeva che non era utile disturbarlo prima che si fosse seduto e accomodato, il tempo di cinque minuti d'orologio per disporre la borsa in pelle, raccogliere i fogli e una penna, ravvivare la sua scorta di cioccolatini e preparare un bel sorriso per il suo primo ospite.

Tuttavia quella mattina il rito fu interrotto sul nascere. Perché come entrò in presidenza Amedeo trovò Selene seduta alla scrivania, dove la ragazza aveva frugato tra le sue cose mettendo tutto il tavolo e i cassetti in disordine.

«Signorina Silvestri... – constatò il librario contrariato – a cosa devo questa visita extra-agenda? Non dovrebbe essere in classe?»

«Dove tiene i nominativi dei mostri schedati? – chiese la cacciatrice.

«Se di questo si trattava, poteva evitare di mettermi a soqquadro l'ufficio: ovviamente tutti gli STO sono archiviati nel sotterraneo.»

«Non mi servono gli STO, mi basta la lista nomi. Non ci credo che non ne abbia una a portata di mano.»

Amedeo comprese che non l'avrebbe avuta vinta con la ragazza. Quindi pettinandosi i baffi indispettiti, prese un respiro e cominciò a cercare tra i documenti sparpagliati.

«Ecco, sebbene gradirei sapere cosa lei stia cercando.»

«Voglio la lista dei lupi del Friuli prima del terremoto – spiegava Selene mentre sfogliava tra le pagine – e soprattutto le date di nascita. Ieri Nardo mi ha fatto venire in mente un'idea.»

Amedeo strabuzzò: «Intende Leonardo Spada? Il Mastro dell'alcova friulana?»

«Ne conosce altri?»

«No, certo – balbettava aggiustandosi gli occhiali – Non sapevo che avesse avuto contatti con lui, ecco tutto.»

«Mi ha trascinata nel loro covo per farmi vedere un mannaro morto. Però poi mi ha fatto riflettere sui Figli di Aita e sul loro alfa.»

Amedeo finse di non aver sentito, sorvolando sull'esibizione di lupi mannari uccisi nelle tane illegali dei cacciatori: «E quali nuove suggestioni ne sono emerse?»

«Be', anche lei sa che ogni nido di mannari ha un alfa, e se elimini l'alfa smembri il nido.»

«Certamente; tuttavia il lupo alfa dovrebbe essere l'ultimo dei nostri problemi dal momento che non avvistiamo mannari da oltre un mese.»

«Sì, però pensavo: che tipo di alfa guiderebbe il suo nido a rifondare i Figli di Aita? – ragionava con lui Selene – Da quel che ho capito non è una leggenda molto nota; è roba sofisticata. Ho avuto a che fare con un po' di mannari, non è che siano proprio queste cime di conoscenza. Qui mi sembra ci sia lo zampino di uno studiato, oltre che vecchio.»

«Se posso difendermi da accuse implicite di senilità, vorrei farle notare che anch'io, signorina, conoscevo l'esistenza dei Figli di Aita. Però comprendo dove vuole andare a parare. Il fondatore di questa nuova comunità non può essere un mannaro qualunque cresciuto nei boschi.»

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora