XII capitolo _ Penumbra

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«Maledizione Tecla, è solo una ragazza!»

Lucas si dimenava e alzava la voce. Selene non l'aveva mai visto battersi tanto per lei; tutto questo poteva solo spaventarla di più. Cercava di tenere la paura nascosta, sollevando la barriera del Qed. La barriera che usavano i cacciatori contro le scolte era un trucco piuttosto semplice: se le scolte vedevano le bugie, allora la soluzione era "mentire sempre", anche quando si diceva la verità. Così le vibrazioni della loro aura impedivano alla scolta di distinguere la verità dalla menzogna. Era lo stesso sistema con cui durante gli interrogatori i bugiardi riuscivano a battere il poligrafo.

Ma adesso quel sistema era inutile. Tecla stava per estorcerle la verità con la forza.

«Ascoltami bene, Selene – le diceva Tecla – non è necessario che tu soffra, né sarò io a farti soffrire. Io ti farò solo delle domande. Se mi dirai la verità non ci saranno conseguenze. Ma al contrario, se mentirai...»

Il suo occhio azzurro pulsava già a tal punto che aveva iniziato a mandare fumo; lingue di calore si sollevavano dall'iride luminosa. Selene si chiedeva se le facesse male, come se avesse un carbone incandescente incastrato nell'orbita oculare.

 Selene si chiedeva se le facesse male, come se avesse un carbone incandescente incastrato nell'orbita oculare

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Nel frattempo Amedeo aveva iniziato a battere i tasti della macchina a incredibile velocità. Stava stenografando l'interrogatorio.

Lucas si mise addirittura a urlare: «Tecla, porca puttana!»

Il Vassallo sembrava non sentirlo.

«Cominciamo dalle domande semplici: come ti chiami?»

Selene udì un brivido alla fine di quell'interrogativo. Era come se un fumo invisibile le fosse entrato nella testa accarezzandole i neuroni in cerca della risposta. Non riusciva a tenere la bocca chiusa, doveva dire qualcosa, vero o falso che fosse: doveva rispondere.

«Pippi Calze Lunghe ti piace come nome? – la sfidò la ragazza, pur tradita da un brivido nella voce.

Ma non aveva ancora finito di parlare che un fischio penetrante le entrò nelle orecchie. Selene spalancò la mandibola, cercando di stapparsi i timpani. Dopo poco il fischio passò, come un'ambulanza in corsa sulla statale. Guardò di nuovo Lucas e vide che l'osservava concentrato, come in apnea e in attesa. Sembrava davvero preoccupato... ma era tutto lì? Era stato spiacevole ma non mortale.

«Dalla tua reazione – spiegava Tecla indicandole l'orecchio – direi che ciò che hai sentito è quella che viene chiamata "Eco della Verità". Ogni persona reagisce in maniera diversa a un'inquisizione. C'è chi è attraversato da tremori. Chi sente il sangue bruciare nelle vene, e chi sente il cuore scoppiare come durante un infarto.»

Descrivendo quell'ultimo sintomo, Tecla aveva carezzato con lo sguardo Lucas, che invece la ripagava con la mandibola serrata di disgusto.

«Non ti ingannare però: il lieve fastidio che hai sentito poco fa crescerà esponenzialmente con ogni nuova bugia. Starà a te decidere fino a che punto sarai disposta a torturarti.»

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora