XLI Capitolo _ Guardarsi le spalle

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Miro non ricordava di aver mai dormito così bene.

Aveva sognato di essere sdraiato sopra un prato di erba estiva. Osservava il grande cielo stellato, e non era solo: accanto a lui c'era Ania. E Miro le indicava tutte le costellazioni, disegnando con il dito la coda del Drago in mezzo ai due carri, ed Ercole che stava a gambe larghe sotto di lui. Poi l'apprendista benandante doveva fermare il dito per accorgersi che quelle non erano comuni stelle: il cielo brillava di tante piccole pietre di Selenium, luccicanti, che si facevano lentamente sempre più vicine a loro.

«Miro – gli sussurrava Ania – esprimi un desiderio.»

E Miro sapeva già che cosa chiedere; per una volta desiderò che fosse lui quello a cui veniva sottratto il suo malessere. Non voleva più avere paura. Le pietre lo esaudivano, illuminandosi in un grande cerchio che avvolgeva i due ragazzi. Quindi Miro, forte e deciso come non mai, si girava verso Ania e la baciava.

Avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quel preciso istante, in cui non aveva più paura di nulla, mano nella mano con Ania. Sembrava così reale. Talmente reale che a Miro pareva di sentire davvero il calore della mano di Ania sopra la sua...

«Come ti senti Miro? Hai dormito bene?»

«Sto bene, Ania – rispondeva lui svegliandosi dal sogno – grazie...»

Quando il benandante si rese pienamente conto che la compagna di classe era in camera sua, e più precisamente seduta sul bordo del suo letto, Miro scattò dritto come una molla. Alle spalle di lei, anche Antonio e Selene si erano accomodati tra la scrivania e il muro.

Miro si raccolse di riflesso nelle lenzuola per nascondere il pigiama.

«Non serve che ti copri, va' che ti ci abbiamo messo dentro noi – lo scherniva Antonio – E invece ti decidi a buttarle 'ste coperte? Tu hai sedici anni e io una reputazione: non posso farmi vedere in giro con uno che ha I Cavalieri dello Zodiaco stampati sul materasso.»

«Perché... come siete... voi tre, qui – balbettava Miro – È casa mia?»

Era frastornato, ma finalmente si ricordò del bosco e della Mari De Gnot.

«Che è successo? State bene?»

«Stiamo bene, Miro – gli confermò Selene – ed è merito tuo.»

Anche Antonio sollevò un pollice: «Sei stato un grande, fra'.»

Il benandante avvampò in un sorriso timido, ma nulla in confronto al rossore che gli provocò la mano di Ania quando strinse più saldamente la sua.

«Ci hai salvati tutti. Sei stato molto coraggioso.»

Coraggioso ma privo di sensi. Miro realizzava che l'avevano trasportato come un sacco di patate fino a casa.

«Mia madre... – aveva cominciato a chiedere allarmato.

Ma di nuovo Antonio scosse il capo: «Siamo entrati dalla finestra, tanto non la chiudi mai. Ti abbiamo mollato qui che russavi e siamo andati via, e stamattina abbiamo bussato alla porta d'ingresso. Tranquillo che Tamara non sospetta niente.»

«E per fortuna – aggiunse Ania – t'immagini? Soltanto ieri mattina eri sparito per qualche ora, e tua madre aveva rivoltato tutta la scuola.»

Miro seguiva distrattamente, impegnato a contare le lentiggini sul dorso della mano di lei, quando si accorse che mancava una persona all'appello.

«E il dottor Del Bon? Lui sta bene? Quando la pietra è esplosa...»

«Ah, quello era un niente, si è ripreso subito – si mise a ridere Antonio – Stava bene finché Silvestri non l'ha fatto piangere.»

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora