XIII capitolo _ Non dirlo a Lucas

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Selene sudava copiosamente. Aveva il fiato corto e l'orecchio sinistro le pulsava; sentiva qualcosa di caldo scorrerle sul lobo. Era sangue?

Tecla l'aveva costretta a raccontare tutto. La ragazza aveva provato a trattenere il più possibile; era privato. Non voleva condividere quelle memorie, erano intime. Le sembrava di tradire i suoi genitori. Ma alla fine aveva ceduto.

All'inizio non aveva chiaro perché Tecla fosse così interessata al suo passato; ma ora, che la guardava esausta e febbricitante di dolore, mentre la scolta non si era scomposta di un capello, le era molto chiaro.

L'aveva "spremuta".

Adesso Selene non avrebbe più avuto la forza di opporsi ad alcuna sua domanda.

«Ora, se non ti spiace, vorrei tornare all'altra sera, ti va Selene?»

«No, non mi va per niente! – ammise d'un fiato la ragazza. Almeno era la verità.

Tecla sorrise appena: «È quasi finito, Selene. Devo solo farti un altro paio di domande.»

Selene guardava il vecchio cacciatore con occhi ubriachi di sonno e fatica.

«Avanti Selene, non ti preoccupare – la rassicurava il pirata – puoi dirle tutto, non abbiamo niente da nascondere.»

Lui forse; lei invece un segreto l'aveva.

Se Tecla l'avesse costretta, Selene avrebbe confessato anche il mannaro era Raoul. Lucas non lo doveva sapere. Nonostante la stanchezza e la testa che le scoppiava, doveva trovare una scappatoia... finché non le venne un'idea. Così abbassò la barriera del Qed, e, assicurandosi che Tecla l'ascoltasse bene, parlò:

«Hai detto che non ti fidi di Lucas; io invece mi fido di lui. E se Lucas mi dice che con te non ci parla, allora neanch'io ci parlo.»

Selene lesse un moto di orgoglio e fierezza disegnarsi sul volto di Lucas. Un po' si sentiva in colpa per quella stima immeritata. Infatti quello che la ragazza sperava era che Tecla si accorgesse della sua bugia: quando aveva detto "io invece mi fido di lui", era stata una menzogna.

Tecla rimase un attimo in silenzio, ponderando. Infine chiamò a sé il capitano della squadra.

«Per favore, portate il detenuto nell'atrio d'ingresso. Attendete lì nuove direttive.»

Mentre lo trascinavano via, Lucas si scatenò come un ossesso: «Giuro che questa te la farò pagare Tecla! Meriti di marcire in un fosso! Mi hai sentito stronza?!»

Ma ormai le sue urla si spegnevano lungo il corridoio, attutite dai manganelli che lo colpivano indistintamente all'addome per zittirlo. Quando finalmente fu lontano, Tecla spense il suo occhio azzurro. Si stirò il collo sospirando di sollievo, ma mai sollevata quanto lo era Selene. La ragazza tremava pronta al tracollo; se non piangeva era perché in tanti anni di lotte si era dimenticata come si facesse. Anche il librario, Amedeo, ritirò la macchina da scrivere. Qualunque cosa si sarebbero dette in quel frangente, era in sede del tutto riservata.

«Va bene, Selene, adesso raccontami ogni cosa.»

Lucas era stato messo a sedere davanti al bancone d'accettazione, dove il gestore dello stello se ne stava seduto, nascondendo gli occhi imbarazzati dietro il calendario erotico "Max" del '94. In copertina c'era la splendida Eva Herzigova stesa prona sopra una spiaggia bianca. L'uomo sbirciava di tanto in tanto oltre l'orlo della rivista, dove trovava sempre la faccia dura di Lucas che lo fissava stoicamente. Era passata una decina di minuti e Lucas aveva un occhio che si stava gonfiando per colpa di un manganello troppo audace.

Finalmente Tecla comparve in cima alle scale, seguita da Selene e poi Amedeo. Lucas fece per scattare in piedi ma le guardie lo rispedirono col sedere sulla sedia. Il Vassallo si rivolse prima al gestore.

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora