XXXIX Capitolo _ Madre degli Incubi

43 7 7
                                    

Il ragazzo si spalmava contro il tronco dell'albero cercando di aguzzare la vista. Erano a meno di cento metri di distanza, ma vedeva tutto sfocato. Un paio di professori avevano provato a dirgli che doveva fare una visita dall'oculista, ma ancora non si era convinto a dar loro retta.

«Tu vedi qualcosa? – chiese alla compagna.

«Shhh!»

Provò ad allungare il collo di qualche centimetro in più, come se l'espediente avrebbe sopperito alle diottrie mancanti.

«Io non riesco a vedere niente.»

«Insomma! Ti ho detto: shhh!»

«E poi che cavolo è questo rumore insopportabile? – chiedeva ancora Antonio riferendosi al pianto del boborosso.

«Che cacchio vuoi che ne sappia io, Marega! – sbottò Ania – Riesco a malapena a capire che fanno, siamo troppo distanti.»

«Te l'avevo detto che ci dovevamo portare il binocolo.»

«L'hai detto quando eravamo già arrivati! E comunque sei vuoi tornare indietro sei liberissimo di farlo.»

«Io non torno indietro, torna tu indietro.»

Antonio sbuffava, irrequieto. Faceva piuttosto freddo e si era portato una giacca troppo leggera. Mentre si soffiava nelle mani per scaldarsi, s'accorse però che qualcosa non andava.

«Ehi, Ania... ci vedo male io o la Silvestri è sparita?»

«No... in effetti non la vedo più da nessuna parte...»

Nel frattempo, infatti, Selene aveva percorso il giro dell'area alberata portandosi sul loro punto cieco. Quando realizzò che i due sentori erano quello di fuliggine di Antonio e l'odore di aloe di Ania, la cacciatrice uscì allo scoperto con passo marziale, e i due compagni scattarono in aria come trappole. Dovendo prendersela con qualcuno, ovviamente Selene scelse Antonio: lo afferrò per il bavero e lo lanciò contro il tronco dell'albero.

«Che cosa ci fate qui voi due?!»

«Noi... potremmo chiedervi la stessa cosa! – fece notare il ragazzo.

Selene aveva occhi spiritati. Gli puntò il coltello contro il naso.

«Marega, ti giuro che ho esaurito la pazienza...»

«Che ti dicevo, Ania! È una killer – sbraitava Antonio – È una maledetta killer!»

«Selene ma che ti salta in testa?! – gridò la compagna.

«Perché ci avete seguiti?»

«Perché non ci fidiamo di te, ve bene? – le rispose Antonio.

«Queste non sono cose che vi riguardano, quante volte te lo devo dire.»

«Ma riguardano Miro...»

Ania aveva parlato per entrambi; Selene dovette mordersi la lingua.

«Riguardano Miro – continuava l'amica – e io lo so che tu sai pensare al fatto tuo, Selene, e... e io non ti giudico, ma da quando ci sei tu, Miro è diventato strano. Noi vogliamo bene a Miro e non ci piace che sia scappato, né ci è piaciuta la sua faccia quando è tornato stamattina, oppure il fatto che dovessi "promettergli di proteggerlo"... dicci la verità – chiese infine Ania con sguardo serio ed esalando un gran sospiro – si tratta di droga, vero?»

«Che cosa?! – sbottò la cacciatrice abruzzese.

«Ma sì, è ovvio. Anche Antonio me lo diceva, lui ha esperienza con gli spacciatori e queste cose...»

«Ehi, adesso non esageriamo – si difendeva Antonio ancora appeso contro il tronco – ho solo detto che mi accorgo quando qualcuno fa le cose losche.»

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora