XXVIII capitolo _ Il guinzaglio dei cacciatori

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Nell'ufficio di Amedeo il preside aveva appena finito di illustrare la situazione a Miro. Gli aveva spiegato tutto per filo e per segno, senza bisogno di prendere una pausa; nemmeno si fosse scritto il copione la sera prima.

Blasutig aveva a sua volta ascoltato ogni singola parola senza battere ciglio, tanto che Selene si domandava cosa gli stesse passando per il cervello. Non si era scomposto all'idea che i mostri esistessero, né che ci fosse una potenziale insurrezione di mannari satanisti feticisti della cultura etrusca. Non l'aveva sconvolto la possibilità che Selene potesse essere una cacciatrice, né la rivelazione che lui fosse un Benandante. Da cui la ragionevole domanda: Miro sapeva già cos'era prima di quell'incontro?

Amedeo si schiarì la voce, mosso dalle stesse perplessità: «Signor Blasutig, non si offenda se chiedo, ma dato il suo silenzio non mi è chiaro se lei ha compreso quanto le ho raccontato.»

«Sì. Ho capito.»

«E la cosa... non la disturba minimamente.»

«Sì, mi fa piuttosto paura. Soprattutto la parte dei mostri – poi vedendo che nemmeno loro reagivano si sentì di specificare – a me fanno paura i mostri.»

Amedeo era sempre più a disagio in quella discussione; lanciò un'occhiata a Selene, come se fosse preoccupato di fare brutta figura di fronte alla cacciatrice.

«E per quanto concerne l'aiuto che vorremmo chiederle, quello di intervenire come Benandante per liberare il collega della signorina Silvestri dalla sua natura mannarica... anche quello le è chiaro?»

«Sì. Mi è chiaro.»

«E intendi aiutarci? – chiese Selene impaziente.

«Ah, no – chiarificò il ragazzo.

Selene tornò con la schiena alla sedia, squadrandolo. Non aveva titubato un istante, un "no" secco, senza remore.

«Se non lo liberi, molto probabilmente morirà, lo uccideranno.»

Miro era evidentemente a disagio. Si guardava in giro nervoso, perso in una coltre di pensieri. Stava finalmente considerando la cosa? Ma Selene avrebbe presto imparato che l'unica preoccupazione di Miro era riuscire a esprimersi con gli altri senza offenderli.

«Mi dispiace – si limitò infine a chiosare il benadante.

«Ti dispiace, un gran cazzo! – Selene era scattata in piedi – Come fai a essere così egoista?! Non ci hai nemmeno pensato due volte, ma come fa a non fregartene niente--

«Signorina Silvestri, per favore si calmi – tentava il librario.

«No, non mi calmo: le ho dato retta e ho perso quasi tre settimane a cercare questo spaventapasseri, non lo accetto un "no" come risposta! Ehi, dove stai andando tu?»

Una strategia che non funzionava con Miro era quella di urlargli addosso. Il ragazzo, incapace di reggere allo stress, aveva alzato i tacchi pronto ad abbandonare l'ufficio. Ma fuggire da una discussione, invece, non era il tipo di strategia che si poteva applicare con Selene.

«Ehi, sto parlando con te, idiota! Se pensi che ti lascerò andare ti sbagli--

Ma quando Selene gli aveva afferrato il braccio, Miro si era ritratto violentemente, inciampando e andando a sbattere contro la parete. Amedeo scattò in piedi e sia lui che la cacciatrice osservavano il giovane lamentarsi a terra, dolente su tutta la parte superiore dell'addome.

«Ma quante storie? L'ho appena toccato – si giustificava Selene.

«Signorina, guardi il braccio.»

Selene notò sotto la manica leggermente rialzata che la pelle di Miro era rossa e tesa. Il librario si era fatto vicino e cautamente aveva aiutato il ragazzo a mettersi in piedi. Quindi gli aveva afferrato delicatamente la camicia.

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora