XL Capitolo _ Soccorrimi, Luna!

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Selene cadde in un sogno. Più vivido di qualunque visione avesse incontrato finora. Era lontana dal bosco, da Antonio, Ania, Miro e Amedeo.
Quando atterrò la schiena, affondò, in uno specchio d'acqua fredda e tenebrosa. Annaspava dentro onde salate; sopra di lei la superficie oleosa del mare, e sotto di lei un abisso profondo e arcano. Un abisso nero che nascondeva terribili segreti. Perché, lo sapeva: non era sola nell'acqua; un banco di pesci nuotò nella sua direzione, in fuga dal predatore. E quando Selene lo vide, lanciò un urlo di bolle e terrore, consumando tutto il fiato che aveva nei polmoni.

Un mostro marino, gigantesco, la cui stazza era pari a quella delle balene, nuotava dominando le acque. Era una serpe antica, così lunga e massiccia che la penumbra non poteva vederne la fine. Aveva pinne acuminate e una lunga cresta, sottile come un coltello. E la sua testa, anch'essa mostruosamente lunga, e terminante in un becco a rostro, era grande a sufficienza dall'inghiottirla in un solo boccone.

Selene vide l'occhio del rettile scattare nella sua direzione; l'aveva puntata. La cacciatrice diede un colpo di reni. Tentava con tutte le sue forze di tornare in superficie; doveva fare in fretta, perché il mostro ora serpeggiava verso di lei. Stringeva le pinne e apriva il rostro, sfoderando una fila di denti aguzzi e perlacei. Ormai Selene era a un metro dalla superficie, ma non avrebbe mai fatto in tempo, era spacciata... finché una mano non l'afferrò per la giacca issandola fuori.

Selene si ritrovò all'asciutto e "asciutta". Non comprendeva dove fosse, ma non ebbe nemmeno il tempo di chiederselo, perché la mano che l'aveva trainata in salvo ora la respingeva con forza contro un muro di pietra. Selene sentì il fiato spezzarsi, ma dovette reagire rapidamente per evitare la lama dell'ascia. Il suo avversario era Lucas: e il vecchio mentore menava l'arma con intento di uccidere. Selene utilizzava un'asta d'acciaio per deviare i colpi; non ricordava come l'avesse presa in mano, né perché stessero combattendo, ma la cacciatrice indietreggiava per la propria vita mettendo una distanza tra sé e Freya. Si battevano in una via petrosa, in mezzo ad antiche abitazioni montane; il sole stava tramontando, e un vento cattivo le feriva il volto. Preoccupata alla minaccia di fronte a lei, Selene non si era accorta che aveva raggiunto un precipizio. Appena in tempo frenò il passo guardandosi le spalle: erano in cima a un monte, un santuario che dominava la vallata. E le montagne erano bellissime.

«Non osare darmi le spalle, Selene!»

Il pirata caricò l'ascia con tutte le sue forze; Selene schivò di nuovo, ma questa volta perse l'equilibrio; e cadde.

Atterrò in una pozzanghera, fredda e fangosa. Era notte, qualcuno l'aveva spinta giù, ma chi? C'era chiasso, troppo chiasso: urla, motori, proiettili. Ombre e passi le camminavano a fianco, frenetici, urtandola e pestandola. Erano sopra una strada sterrata, in mezzo a una distesa di campi brulli. Poi, un lampo spaccò l'aria illuminando lo spazio a giorno; e Selene vide un uomo darle le spalle, gettando fulmini dal palmo della sua mano contro le mura di una città fortificata. L'uomo indossava un lungo mantello color antracite, e un elmo su cui era fissata una singola ala d'uccello sollevata.

«Alzate le lance!»

Al grido di battaglia, una squadra di cento uomini e donne si lanciò all'attacco verso la città. Intanto sulle mura fortificate, una moltitudine di lupi mannari li attendeva schierata, accogliendo lo scontro.

Un altro lampo, e questa volta Selene fu costretta a chiudere gli occhi per non rimanerne accecata. Li riaprì... trovandosi trasporatata in un altro luogo ancora. Era giorno, e camminava in una lunga stanza di legno, quasi una capanna, costruita in mezzo al bosco. Fuori imperversava una bufera di neve, e il vento ululava contro le pareti che lamentavano la loro vecchiaia. Erano tappezzate di erbe, ossa e barattoli di vetro. Nella stanza c'erano candele di vari colori e dimensioni, e l'odore della cera mi schiava a quello di balsamo di noce e sangue di coniglio. Due topolini squittirono passandole tra le scarpe, per andare a rintanarsi sotto una lunga gonna spessa. Selene non poteva vedere la donna, nascosta dietro una parete di vetri colorati e deformanti, ma era alta e possente. Sedeva sopra il suo scranno di paglia come una regina su di un trono. Allora la donna volse appena il volto, nascosto dietro un velo di pizzo. Non comprendeva quanti anni avesse, poteva essere una ragazza come una vecchia al tempo stesso; la matrona le sorrise machiavellica.

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora