XVIII capitolo _ Roditore traditore

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Selene potè tirare un sospiro di sollievo. La situazione non era delle più piacevoli, ma almeno ora sapeva di cosa si trattava. Nelle comunità dei cacciatori le spie non erano una razza molto ben accolta. Quello a cui stavano sottoponendo Gaspare era un rito che sia lui che Selene conoscevano bene: la tradita avrebbe dovuto punire pubblicamente il traditore.

Il problema era che nella sentenza non sarebbe stato giudicato solo Gaspare, ma anche Selene. L'alcova stava mettendo alla prova la giovane cacciatrice, valutandone la tempra, il rigore, e quindi il rispetto che avrebbe meritato.

Siccome la ragazza non si muoveva, Nardo fece brillare un coltello: «Quindi, vogliamo spacchettare il regalo?»

Gaspare lanciò un nuovo lamento dietro il bavaglio, terrorizzato all'idea che il pacco da aprire potessero essere le sue interiora. Di risposta Selene gli piantò un ginocchio tra le costole.

«Sta' zitto, o la prima cosa che ti taglio è la lingua.»

La mossa sortì il giusto effetto, Nardo ritrasse la lama soddisfatto e qualcuno degli spettatori si fece scappare un sorriso; Gaspare doveva solo ringraziarla. E comunque Selene non si sentiva troppo in colpa per quella ginocchiata, era pronta a somministrargliene di altre. Una parte di lei desiderava vendicarsi per la tortura subita dal Vassallo.

Selene gli raccolse la testa tirando per i capelli; Gaspare faticava a tenere gli occhi aperti, l'uno gonfio, l'altro coperto di sangue. L'avevano davvero conciato per le feste.

«Scusa se chiedo, Nardo, ma che senso ha che lo punisca quando l'avete già ridotto a una polpetta?»

Il Mastro parve in sincero imbarazzo, in cerca di una scusa: «Che vuoi farci, Selene, siamo qui ad aspettarvi da oltre cinque ore... Dovevamo ammazzare il tempo in qualche modo.»

Un paio di cacciatori risero, massaggiandosi le nocche spese sulla faccia di Gaspare. C'era anche una giovane donna tra loro, non tanto più grande di Selene. Rita, però, che non sembrava capace di scogliere la maschera di disprezzo, roteò gli occhi al cielo.

«Quindi, come vogliamo risolvere la faccenda? Mi pareva che fossimo venuti a caccia, non a torturare i ratti.»

Il Mastro lanciò un lamento, come un bambino interrotto durante il suo gioco preferito.

«E va bene, va ben! ... Sta a te, Selene, lo sai. Dicci: quale sarà il destino del caro Gas Gas?»

Un altro modo arguto di dare a Gaspare del "ratto". La cacciatrice fissò di nuovo quel poveraccio legato all'albero. Trovava assurdo che la vita di un uomo adulto fosse messa nelle sue mani. Selene aveva cacciato, combattuto, aveva anche ucciso. Ma non aveva mai svolto la parte del boia. Forse uno come Gaspare se lo meritava... Ma a sedici anni ci sono confini che non si dovrebbero superare, qualunque il contesto di eventi che può aver condotti fin lì.

«Io dico di liberarlo.»

Come sospettato, si sollevò un velato coro di delusione, mentre Gaspare spalancava gli occhi – per quel che gli era possibile – colmo d'insperata gratitudine. Nardo chiamò il silenzio con una mano. Poi si rivolse a Selene:

«Ne sei sicura, ragazzina? Pensi che Gaspare meriti una seconda chance tra i cacciatori?»

«Ovvio che no – rispose prontamente lei fulminando il traditore con lo sguardo – spia una volta, spia per sempre. Ma può tornarci utile.»

«In che modo? – chiese il Mastro con sincera curiosità.

«Potrebbe iniziare a fare la spia per noi. Farebbe comodo un cacciatore che ficchi il naso nelle faccende del Vassallo.»

L'idea le era venuta lì su due piedi, ma le era piaciuta fin da subito. Forse Gaspare sarebbe stata la pedina vincente per ribaltare la partita, l'occasione per lei di tenere un piede fuori dalle staffe con Amedeo e Tecla.

Nardo si sfregò la bionda barba incolta. Non ci voleva un genio per capire che fosse insoddisfatto, né faceva nulla per mascherarlo. Quindi sguainò di nuovo il coltello marciando con decisione verso Gaspare. Il traditore lanciò un lamento di terrore mentre la lama fendeva l'aria.

Un taglio netto.

E le corde furono a terra.

Gaspare quasi faticava a reggersi in piedi, ma Nardo l'aiutava a stare dritto. Intanto gli toglieva gentilmente il bavaglio.

«Hai sentito, Gas? La ragazza ha avuto pietà di te. Sei libero.»

Gli offrì una mano da stringere, in segno di pace. Gaspare era ancora stordito e poco convinto; ma la prospettiva di andarsene vivo di lì lo rincuorava di nuova energia. Accettò la stretta, e Nardo la saldò con la seconda mano e un gran sorriso. Poi gli diede una pacca sulla schiena invitandolo ad andare.

«Ottimo, adesso via, va'. Su, su su: fila a casa.»

Selene non comprese il senso di quell'invito, e dall'espressione di Gaspare capì che anche lui era incerto. Lo stava mandando via a piedi? In mezzo al bosco? Era l'ultimo step della sua punizione?

Gaspare si girava intorno, trovando gli occhi severi di tutti a fissarlo. Guardò ancora Selene; forse avrebbe voluto dirle "grazie", oppure "mi dispiace", ma non aveva il coraggio di aggiungere niente.

Cominciò con un passo e poi un'altro, nella lenta avanzata della vergogna. Quindi iniziò a correre un po' più veloce. E gli ci volle un po' per accorgersene. Dopotutto era un suono molto sottile, quasi impercettibile all'orecchio umano. Un lieve e acuto tintinnare infatti si agitava dal suo polso, là dove Nardo, stringendogli la mano, aveva legato di nascosto un braccialetto di campanelli.

Gli occhi di Gaspare si sbarrarono di terrore; sapeva cosa significavano. E li volse a Nardo, il quale di risposta gli sorrise facendogli "ciao" con le dita della mano. L'aveva trasformato in un bersaglio ambulante; un morto che cammina. Allora Gaspare iniziò veramente a correre per la vita... ma non arrivò lontano.

Il masso di pietra giunse con un balzo dall'altra parte del torrente, schiacciandolo al suolo, e mettendo fine a quello scampanellio. Selene raggelò: Gaspare era ora ridotto a un ammasso di carne e ossa in mezzo alla radura, mentre sopra di lui si ergeva un "golem", una creatura fatta di roccia e muschio.

Il Mastro lanciò un ululato di allegria: «Comincia la caccia!»

A quell'invito tutti i compagni si avventarono sul mostro e sfoderarono le armi. Selene guardò Lucas, il quale con il suo solito aplomb iniziò a far roteare la sua ascia danese e le indicò di seguirli nella mischia.

«Maledizione – biascicò Selene unendosi alla battuta di caccia.

***

I cacciatori non perdonano, e a quanto pare Nardo ancor meno. Che dire, Selene si sta circondando di personaggi sempre meno raccomandabili. Se un gruppo di persone è pericoloso quanto il suo leader, allora forse sarà bene tenersi alla larga dall'alcova del Friuli. Ma adesso ci sono questioni più urgenti, tipo il mostro di pietra che riduce i cacciatori in poltiglia. Come ne verranno fuori? E cosa si prospetta per Selene con Nardo e Lucas?

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Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora