XXVII capitolo _ Il mondo sulle spalle

51 12 20
                                    

Sebbene sia raro conoscere adolescenti che si alzino dal letto volenterosi di andare a scuola, la mattina del 30 agosto il Malignani aprì i battenti accogliendo una classe di alunni di eccezionale scarsa volontà. Dopotutto era il giorno delle verifiche di recupero. Ma, all'ombra dell'ingresso, furono in molti a riconoscere un alunno che al contrario non aveva ragione di essere lì: Miro Blasutig "il secchione" stava nascosto dietro la porta, con in mano un mocio e un secchio e in attesa che la carovana passasse.

Tamara, la bidella, lo ridestò dandogli un colpo di anca.

«Che dici, Mastro Lindo, ci diamo alla pazza gioia?»

Miro annuì a sua madre e si misero al lavoro nella prima aula. La direzione aveva richiesto la pulizia degli ambienti per la riapertura del plesso scolastico il 4 settembre. Ci sarebbero dovuti essere altri due bidelli con lei quella mattina, ma solo la sera prima Tamara aveva scoperto che purtroppo "erano entrambi malati".

«Spero come minimo che abbiano la peste bubbonica – si era lamentata la donna mettendo giù la cornetta.

Così mentre sua madre mormorava lanciando il malocchio sui due colleghi, Miro invece cancellava mentalmente i suoi piani di una giornata di quiete nel suo laboratorio, sapendo già che avrebbe aiutato Tamara.

«Ehi, Blasu, che ci fai qui? Ti avranno mica segato.»

Antonio si era affacciato sulla classe, sorpreso di vedere l'amico. Poi accorgendosi della presenza di Tamara che lo fulminava con sguardo arcigno, capì che doveva girare a largo.

Prima di sparire però lanciò un "psst" al compagno: «Quando c'è la pausa becchiamoci – sussurrò.

Miro, preoccupato che sua madre li sentisse, gli fece segno di sì in fretta congedandolo.

«Quindi, tu e Antonio – chiedeva sua madre mentre pulivano – continuate a essere amici.»

«Ogni tanto – fece spallucce il figlio.

«In che senso "ogni tanto"? Lo lasciate decidere al meteo?»

Ma Miro non l'ascoltava più, allarmato da una voce di ragazza che riconobbe subito dal corridoio.

«Tamara? Tamara, sei qui?»

«Ciao Ania! – l'accolse la bidella quando la ragazza comparve alla porta – Come ti senti, pronta per la verifica di chimica? Sei carica a pallettoni? Spero tu abbia fatto una buona colazione abbondante, così poi al massimo se il compito sta andando storto – e facendosi schiva – dici che non stai bene, corri in bagno...»

E con il segno di due dita in bocca e qualche verso di gola, Tamara le lasciò immaginare il resto dello stratagemma.

«Sì, grazie mi sento pronta – rideva imbarazzata la ragazza – Ho avuto un bravissimo maestro, nessuno dà ripetizioni come Miro. Ti cercavo proprio per questo: mi hanno detto che Miro è qui a scuola con te... ?»

La ragazza spiò dentro l'aula insieme alla bidella; ma di Miro non c'era traccia.

«Ehm, no adesso non è qui... – si scusava la madre – è andato di là che mi doveva aiutare con due cose...»

«Ah, niente pazienza – disse Ania – al massimo lo becco dopo. Ora scappo che faccio tardi!»

«In bocca al lupo!»

La ragazza sparì. Rimasta sola la bidella si diresse a un banco, bloccato dal carrello del secchio. La donna spostò il carrello, e sotto il banco comparve suo figlio, con il mocio in mano.

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora