XXIX capitolo _ Ai vecchi restano le domande

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Pordenone, centro città.

Alle tre di notte, Corso Vittorio Emanuele II era battuto solo dai passi di Lucas e dalle gocce di pioggia. Il cacciatore si riparava nel lungo cappotto, ma dominava il centro della via deserta. Non c'era bisogno di muoversi guardingo nell'ombra, tanto sapeva già che qualcuno lo stava seguendo.

Era da qualche giorno ormai che aveva il sospetto di essere pedinato, alle volte a piedi, altre in auto. La vettura era una vecchia Volkswagen Golf modello 1, color antracite. La targa, Lucas aveva già controllato, era fasulla.

Il pedinatore era bravo, ma non quanto credeva di esserlo; Lucas lo percepiva stargli alle calcagna seppur tenendo la debita distanza. Il cacciatore svoltò dentro un vicolo... e si spalmò contro il muro mettendosi in agguato.

Il pirata sfoderava lentamente Freya, pronto a far calare tutto il peso della lama sull'inseguitore. Presto avrebbe anche lui voltato l'angolo: era quello lo stratagemma, tenere a vista il bersaglio e quando girava affrettarsi alla nuova postazione prima che cambiasse nuovamente strada. Ma questa volta l'avrebbe atteso.

Lucas sentiva i passi veloci pestare le pozze d'acqua, ormai erano a dieci metri, cinque, due... Il cacciatore uscì allo scoperto, impugnando l'ascia vicino alla testa del ferro. L'uomo di fronte a lui, naturalmente sussultò: era soltanto un senzatetto.

Il barbone scappò via, mentre Lucas ritirava l'arma. Possibile si fosse sbagliato?

"Stai diventando vecchio, pirata". Se solo si fosse voltato, Lucas avrebbe forse notato nel buio la nera figura che stava aggrappata alla guglia del campanile. Ma il mannaro saltò nella notte prima che il cacciatore riuscisse a vederlo.

Lucas riprese a camminare; niente tempo da perdere. Ormai era quasi a destinazione.

Il vecchio a letto russava, e non si svegliò da subito, sebbene le gocce d'acqua che gli cadevano in faccia disturbassero il suo sonno. La mano di Lucas gli carezzò dolcemente bocca e naso, andando poi a premere forte. Finalmente il settuagenario aprì gli occhi, lanciando un leggero lamento di sorpresa. Lucas stava sopra di lui, grondando acqua piovana e intimandogli di stare fermo. Il cacciatore accese l'abat-jour con la mano libera e gli fece segno con il dito di fare silenzio. Il vecchio adesso appariva particolarmente calmo; così Lucas lasciò la presa.

«Sei venuto a uccidermi? – gli chiese l'ex librario di Pordenone.

Lucas scosse il capo: «Voglio solo farti delle domande.»

Il settantenne si tirò su: «Allora io voglio un caffè.»

Lucas provò a tenerlo giù con il pomo di Freya: «Non ti ho detto di alzarti.»

«Senti, o mi ammazzi subito oppure io mi faccio un caffè, fine della discussione.»

Poco dopo erano in cucina, l'ex librario seduto al piano dell'isola, Lucas nella penombra, che l'osservava in piedi e a braccia conserte stringendo l'ascia danese.

«Quindi, come intendi farlo? – chiese il vecchio passandosi il dito sul collo.

«Per la terza volta, non ti voglio uccidere, vecchio.»

«Mh, mai un poco di fortuna; avevo sperato che questa notte l'avremmo fatta finita.»

«In che senso?»

«Se sei qui lo sai bene il senso. Fai le tue domande e lasciami tornare a letto.»

Lucas annuì: «Cosa sai dirmi dei figli di Aita?»

Il vecchio sospirò appoggiando la tazzina: «Fate sempre le domande sbagliate. Cosa pensi che sappia io di quegli invasati? Troppe cose, e al contempo niente. Se ti sapessi davvero rispondere credi che sarei ancora vivo?»

Il sentore del mostro _ I figli di AitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora