Capitolo 42

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-Juliette 

Sbattei nervosamente la porta, uscendo. 

Ma vaffanculo.

Non importa tutto quello che fai per una persona, niente verrà mai ridato indietro allo stesso modo.

Non capivo più niente di noi, dei sentimenti che provavamo l'uno nei confronti dell'altro, e persino di me stessa. Avremmo potuto trovare una soluzione, ne ero certa. Eppure, forse lui non ci teneva così tanto a me quanto credevo da, perlomeno, provarci.

Entrai nella stanza di Pansy e Daphne, dove, ultimamente, venivo ospitata.
In silenzio, andai a sedermi sul letto della biondina, che era il più vicino all'entrata.

"Tesoro, tutto bene? Mattheo non si è ancora svegliato?" 

Mi chiese subito quest'ultima, evidentemente preoccupata per entrambi. Abbassai lo sguardo sul pavimento, mentre, distrattamente, mi giravo e rigiravo il ciondolo della collanina fra le dita.

La stessa mezzaluna che si era tatuato sul polso.

Ma perché? 

"Sì è svegliato"

Sussurrai, fissando il pavimento.

"Allora cosa c'è che non va?" 

"Non capisco più cosa... siamo"

Ammisi a voce ancora più bassa, così delusa che per poco non scoppiai a piangere lì davanti a loro, come se non fosse già successo altre volte. Molte altre volte. 

Entrambe si sedettero sul letto, affianco a me.

"È terribile perché... perché so che anche lui prova qualcosa per me ma... ma è così difficile fra di noi. Lo è sempre stato" 

Pansi poggiò delicatamente un dito sotto il mio mento, così da sollevarmi il viso e costringermi a guardarla negli occhi.

"Cazzo, Juliette, il vostro rapporto è peggio di una telenovela"

Il suo commento mi fece ridacchiare, seppur fra le lacrime. Al contrario, Daphne la sgridò.

"Volevo soltanto farla sorridere, non rompere!"

Ed eccole lì, di nuovo a battibeccare.

Pensavo fosse quasi impossibile che qualcuno che conosci da così poco tempo possa farti stare così bene.
Ma no, non è impossibile.
Pansy e Daphne ne erano la prova: non avevano idea di quanto con loro mi sentissi libera di essere me stessa o dire ciò che pensavo per davvero senza venire giudicata. O, più correttamente, senza avere paura di venire giudicata.

Ero semplicemente Juliette. Cosa che, d'altro canto, accadeva anche con lui. 

"La cosa che fa più male è che gli ho salvato la vita così tante volte e, tuttavia, sembra che non gli importi affatto"

Non potevo raccontare loro del piano di Voldemort, del matrimonio e della terribile infanzia che io e Mattheo avevamo condiviso, ma sembrava che le mie amiche avessero capito già da tempo che c'era qualcosa fra me e lui di tanto più profondo dell'amore. Che c'era già stato qualcosa in passato che ci teneva sospesi ad un filo.   

"Ma si che gli importa. Vieni qui"

Daph mi attirò gentilmente fra le sue braccia e mi lasciai consolare.

Sentii Pansy sospirare. 

"Ha paura di amare, Juliette. Ha paura di dare tutto sè stesso e poi venire tradito. Ha paura di essere-"

Even in the scars | Mattheo Riddle    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora