Capitolo 34

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-Mattheo 

Mi rigirai la fede fra le dita e sospirai.

Il dolce profumo della principessa aleggiava nell'aria, ma non riuscivo ancora a capire di cosa sapesse di preciso... rose, forse, ma vi era anche una nota di cocco.

Sapevo solo che lo odiavo, perché mi piaceva da impazzire.

Osservai la piccola J incisa all'interno di quel maledetto anello, prima di posarlo sul comodino affianco al mio letto. Mi passai nervosamente una mano fra i capelli.

Lei dormiva ancora beata sul mio petto, come una bambina. Non nego che quel contatto con qualunque altra donna mi avrebbe dato fastidio, ma Juliette era Juliette.
Ed era speciale per me.

Mi fidavo di lei come nessun altro. Solo di lei.
Anche se mi aveva spezzato il cuore.

Mi aveva spezzato il cuore quel giorno.
Quel fottuto giorno.
Quando il mondo mi era caduto addosso.
Ma non era stata colpa sua, solo adesso inziavo a capirlo.

Mio padre era riuscito a manipolarla e portarla pian piano via da me.
Il problema? Che non avevo fatto nulla, nulla per impedirlo.
Ero rimasto a guardare mentre lui le metteva in testa cazzate su cazzate, solo per farla diventare come tutti gli altri.

E io, senza rendermene conto, avevo alimentato ancora di più la cosa, spingendola fuori dalla mia vita perché pensavo che per lei non contassi più nulla.

Tanto era migliore di me. Me lo sentivo dire ogni sera. 

Non aveva bisogno di tutto l'amore che avevo provato a darle con tutto me stesso, anche se dell'amore non ne sapevo un cazzo.

Neanche ci credevo più, adesso.
Non dopo quello che era successo con lei.

Esisteva l'attrazione sessuale, non l'amore. Prima o poi ci saremmo stancati anche di quella persona che definivamo la nostra "anima gemella", e ne avremmo cercata subito dopo un'altra che potesse soddisfare i nostri bisogni.

Così era. 

Questo era successo con Astoria. Mi aveva usato, facendomi credere chissà cosa... e io ero stato così coglione da farmi manipolare dalle sue parole. Ma, comunque, non l'avevo mai considerata la metà della mia anima. 

L'unica donna diversa da tutte le altre era proprio colei che, in quel momento, era stretta fra le mie braccia.

Anche a distanza di anni.

Sapevo che avrei potuto darle il mio cuore rotto in mano e lei lo avrebbe ricucito con cura e amore. Un pezzo alla volta. Fin quando non sarebbe stato necessario perderne uno dal suo, perché il pezzo mancante del mio era andato perduto chissà dove, chissà quanto tempo prima. E lei lo avrebbe fatto senza esistare. 

Avrebbe tolto qualcosa da sè pur di darla a me.

Erano passati anni, ma ora che avevo nuovamente iniziato a guardarla come se fosse l'unica cosa che, al momento, contasse per me, avevo capito anche che lei non era mai cambiata.
Forse era stata solo colpa mia. 

La osservai.
Scrutai il sul bel visino in cerca di anche una sola imperfezione che potesse farmi ricredere sul fatto che fosse bellissima, ma non la trovai.

Aveva la pelle e i capelli chiari, gli occhi, ancora chiusi, oceano, le labbra appena schiuse e dello stesso colore di un bocciolo di rosa. Poche lentiggini le decoravano le gote, rosse a causa del calore del sole che batteva sul letto, quindi su di noi.

Sì, era proprio la Luna, lei.
Candida. Unica. Pura. Bellissima.

Mi tornarono in mente i suoi piccoli gemiti e il modo in cui mi aveva pregato di farla sua la scorsa notte.
Ci avevo pensato anche mentre dormivo. Assurdo.

Even in the scars | Mattheo Riddle    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora