Capitolo 48

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-Juliette

Udii una voce femminile chiamarmi ripetutamente. Stava ulrando il mio nome in una lamentela continua e disperata, intrinseca di paura e sgomento.
Non la riconobbi subito, pur sapendo che, probabilmente, si trattava di lei. E, come volevasi dimostrare, non appena voltai la testa, scorsi immediatamente gli occhi color oliva, dolci, ma allo stesso tempo così spalancati e pieni di terrore, della mia migliore amica.

Nel vederla in questo stato mi vennero i brividi in tutto il corpo. Di riflesso, aprii la bocca, affinché potessi rassicurarla: andava tutto bene. Avevo la situazione sotto controllo. Come sempre.

Dalle mie labbra, però, uscii solamente un piccolo suono, stridulo e soffocato. L'attimo dopo, infatti, mi resi conto che l'uomo alle mie spalle, il quale era molto più alto di me, teneva stretta una mano, gelida come solo il ghiaccio potrebbe essere, attorno al mio collo. 

Mi guardai intorno, paralizzata dalla paura che, tutt'insieme, si impossessò di ogni fibra del mio essere. 
Capii, quindi, di trovarmi al centro di quella che sapevo bene essere una delle tante, ed enormi, sale del castello, ma non riuscii a realizzare quale fra esse fosse. 

Davanti a me, bianco come un cadavedere, e spaurito, vi era Mattheo. Stava gridando anche lui, potevo vederlo, ma, adesso, non sentivo più nulla.

"Lasciala! Per favore, lasciala..." Riuscivo a leggere, grazie al labiale. 

Gli tesi la mano, per un attimo dimenticandomi dell'uomo che, secondo dopo secondo, mi stava togliendo il respiro. Quest'ultimo, al mio gesto, mi puntò la punta bacchetta al collo, con la mano libera.

Piansi. Piansi come se, nella realtà, stessi vivendo quell'icubo.

"Juliette! Svegliati, ti prego!"

La sentivo. Riuscivo a sentire tutte le urla di Pansy, ma quel sogno mi stava tenendo così incollata al sonno, che non ero più capace di svegliarmi. 

L'uomo mi sussurrò qualcosa all'orecchio. Percepii il soffio del suo fiato sul collo. Eppure, non udii nulla. Di nuovo. 

La mia vista si offuscò per quelli che mi parvero minuti interi. Vidi tutto nero.
Nell'attimo in cui riaprii gli occhi, l'unica cosa che riuscii ad osservare fu il pavimento lurido e pieno di schegge, su cui poggiavo gli avambracci.

Notai l'ombra scura riflettersi sopra di me, perciò, qualcuno si trovava alle mie spalle

E, ancora, i miei occhi vennero accecati. Adesso venni travolta da una strana luce bianca.

"Daphne, corri!!"

Il mio cuore battè come un cavallo impazzito. Non riuscivo più a respirare regolarmente. 

I rumori tornarono a tormentarmi. Mi rannicchiai su me stessa, come se potessi, in questo modo, sfuggire a qualsiasi cosa mi stesse succedendo. 

Gridai con tutto il fiato che avevo in corpo. 

"Chiamo qualcuno! Tu prova a svegliarla!"

"Veloce, per favore!" 

Continuai a sentire il mio corpo venire scosso e scosso. Non riuscivo a scollarmi da quell'incubo. 

La grandine cadde a fiotti sulla mia pelle, a stento coperta dai vestiti, oramai lacerati, provocandomi un muto e freddo dolore.

Il fascio di luce sparì improvvisamente, ma io non feci altro se non rimanere sdraiata lì, succube di tutto quel dolore allucinante che stava attraversando ogni singola fibra del mio corpo.  

Even in the scars | Mattheo Riddle    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora