6. Kaia

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Poco dopo aver declinato l'offerta di fare un giro sulle autoscontro Adam si era allontanato lasciando me e Sienna da sole.

Mi piaceva stare con lei, non potevamo definirci migliori amiche, non andavamo in giro per negozi o organizzavamo serate solo donne, ma c'era intesa. Ci eravamo trasferite a Carmel quasi nello stesso periodo, l'avevo vista impegnarsi tanto per il Four Roses. Mi ricordava lui, la sua determinazione, il porsi un obbiettivo e il volerlo raggiungere a qualunque costo.

Avevo bevuto il loro primo caffè, prima ancora che inaugurassero il locale, e qualche caffè dopo Sienna finì per essere un mio punto di riferimento. Lei era stata l'unica ad aver avuto la pazienza e la voglia di conoscermi.

«Allora che mi dici?» Ero sicura che avrebbe fatto una delle sue solite domande, diciamo che non amava il silenzio.

«Mi sembra una bella serata» risposi vaga non capendo a cosa fosse riferita nello specifico la domanda.

«Parlavo di Adam, cosa mi dici di lui» certo che stupida, avrei dovuto intuirlo che la domanda non fosse riferita a qualcosa ma a qualcuno.

«Ovviamente non lo conosco affatto ma sembra un tipo a posto, è un po' ermetico ma a pelle mi trasmette delle belle sensazioni» non sapevo bene come spiegarlo ma ero entrata subito in empatia con lui, mi piaceva la sua compagnia, mi piaceva quella vena cinica che non abbandonava mai, lo rendeva quasi simpatico.

Mi piaceva il modo in cui mi prendeva in giro, creava una sorta di implicita confidenza, un tacito permesso per instaurare una conoscenza. Allo stesso tempo percepivo diffidenza, a tratti indifferenza che non mi scalfiva più di tanto. Avevo imparato a vivere quello che la vita mi offriva all'istante, senza pensare a quanto sarebbe durato o se fosse durato.

«A lui piace apparire molto meno di quello che realmente è, gli voglio un bene dell'anima. Farebbe di tutto per le persone a cui tiene e lo dimostra il fatto che sia qui nonostante tutto» vidi il suo sguardo vacillare, probabilmente perso in chissà quale ricordo, non le feci domande, non erano cose che mi riguardavano.

«E poi è davvero un gran figo» fortuna che la sagoma del soggetto in questione arrivò giusto in tempo per togliermi dall'incombenza di dover dare un seguito a quel commento.

Arrivò davanti a noi in tutta la sua stazza, i capelli sempre scompigliati gli ricadevano sulla fronte oscurando in parte gli occhi azzurri, il busto fasciato da una felpa smanicata nera, la tuta del medesimo colore accompagnava le gambe lunghe, al piede delle Gazelle nere. Impeccabile nella sua semplicità.

«Mi hai portato lo zacchero filato» il gridolino di Sienna mi riportò alla realtà. Sorrisi nel vederla felice di mangiare finalmente quell'ammasso di zucchero.

«Sei l'amico migliore del mondo e non potevo scegliere zio migliore» era davvero buffa ma nonostante il momento goliardico coglievo della sincerità in quelle parole.

«E tu sei una ruffiana»

Si voltò poi verso di me estraendo un gigantesco bretzel dal sacchetto che teneva in mano, porgendomelo senza concedermi diritto di replica.

«Non dovevi» tentai di dire ma fui stoppata da un perentorio "mangialo" a cui non mi sentivo di dissentire. Quando voleva sapeva essere abbastanza dispotico.

«Ne vuoi un pezzo?» Lo vidi pensarci, non capendo perché di tanta esitazione. Senza aspettare risposta staccai un pezzo per poi porgerglielo aspettandomi che lo prendesse autonomamente.

Rimasi spiazzata quando lo mangiò direttamente dalla mia mano sfiorandomi inevitabilmente le dita.

Avvampai, non aspettandomi affatto uno slancio del genere da parte sua.

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