30. Kaia

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Eravamo arrivati davanti il cancelletto di casa mia, Adam aveva insistito ad accompagnarmi.

Lo vedevo tentennare come se non sapesse nemmeno lui come chiudere la giornata o se chiuderla o meno.

Erano le sei di pomeriggio avevamo passato tanto tempo assieme, nemmeno ricordavo l'ultima volta in cui mi fossi sentita così spensierata nonostante a conti fatti di pensieri ne avessi eccome.

«Grazie per la splendida giornata» cercai di interrompere il silenzio e dovevo ammettere che mi sentivo un po' in imbarazzo, non capivo se non vedesse l'ora di liquidarmi o l'esatto opposto.

«Allora io adesso vado a casa» ti prego Adam apri quella bocca e smettila di farmi sentire un'idiota.

«Ti andrebbe di vederci questa sera?» Rilasciò d'un fiato a dimostrazione di quanto avesse ponderato sul farmi o meno quella proposta che, dovetti ammettere, mi lasciò estremamente sorpresa.

«Non devi andare al Four Roses?» Sienna lo avrebbe ucciso se non si fosse presentato e onestamente mi sarebbe dispiaciuto essere il movente del suo omicidio.

«Potremmo vederci dopo cena, magari per prendere un gelato» il fatto che nonostante avessimo passato la giornata insieme, sentisse il desiderio di passare altro tempo in mia compagnia, fece galoppare il mio cuore più di quanto avrebbe dovuto.

Per molti sarebbe stata una richiesta normalissima, e di fatti lo era, ma non con Adam, lui aveva un timer sociale oltre il quale si rintanava nel suo silenzio e nella sua solitudine.

Ecco perché, dal momento in cui anche a me faceva piacere stare ancora con lui, accettai senza pensarci troppo.

Non sapevo quanto ancora sarebbe durata la sua permanenza qui e dovevo approfittare di ogni momento.

«Mi sembra una splendida idea» acconsentii forse con fin troppo entusiasmo e lo dedussi dal sorriso che non riuscì a contenere.

«Bene, allora ti passo a prendere con la moto appena ho staccato il turno, tu occupati solo di farti carina» ammiccò facendomi un occhiolino scherzoso.

«Solo carina?» Alzai il mento per raggiungere il suo sguardo e sfidarlo, quel tipo di confronto era uno dei miei proferiti. Mi piaceva giocare con lui, fingere serietà e nel mentre provocarci fino a creare quel desiderio di andare oltre e chiuderci la bocca a vicenda.

«Che ci vuoi fare, sono un uomo dalle basse pretese» scrollò le spalle con noncuranza.

Mi avvicinai afferrandolo per la collana e invitandolo ad abbassarsi per avere il suo viso all'altezza del mio. Mi lasciò fare, divertito dalla mia presa di posizione.

«Non ti hanno mai insegnato che nella vita bisogna sempre puntare al meglio?»

«Preferisco mantenere basse le aspettative così da non essere deluso» ottima filosofia, gli avrei anche potuto dare ragione se solo il mio cervello non fosse offuscato dall'estrema vicinanza e conseguente desiderio di baciarlo.

«Peccato, perché personalmente odio deludere le aspettative delle persone» ed era vero, era più probabile che deludessi me stessa piuttosto che pensare di essere un fallimento per gli altri. Peccato che, il più delle volte i suddetti "altri" non adottavano lo stesso comportamento, finendo presto o tardi per deludermi.

Mi cinse i fianchi con entrambe le mani, strinse leggermente, percepivo il desiderio di andare ben oltre quel singolo contatto, come me voleva qualcosa di più, forse un bacio o forse ben altro.

«Questa sera tu ed io dobbiamo mettere in chiaro un po' di cose» comunicò con tono autoritario che mi fece fremere tutta. Poi fece qualcosa di inaspettato e poco da lui, mi morse la guancia stringendo leggermente non con l'intenzione di farmi male ma sicuramente con quella di farmi stramazzare al suolo.

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