27. Adam

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Stavo sfrecciando per le strade isolate di Carmel cercando di arrivare a destinazione il più velocemente possibile, avevo scelto la moto perché mi sembrava di aver capito la facesse sentire meno a disagio

Arrivai a destinazioni in tempi brevissimi, forse fin troppo, riconobbi il camping segnalato da Kaia e notai subito una piccola sagoma rannicchiata sulla panchina, la testa tra gambe come a proteggersi da ciò che la circondava.

Fermai la moto lungo il marciapiede e svelto ma cauto, mi avvicinai a lei che scattò come una molla nel sentire una presenza avvicinarsi.

«Ehilà Bambi» tentai un tono leggero perché non volevo partire in quarta con domande su domande.

«Adam» sussurrò forse più a se stessa, come a darsi conferma che io fossi realmente lì.

E poi fu tutto velocissimo, mi corse incontro circondandomi con le braccia, dovetti mantenere l'equilibrio tanta la forza con cui si aggrappò.

E la sentii piangere, aveva il copro scosso da singhiozzi e realizzai che dovevo necessariamente mettere da parte il mio cinismo e cercare di farla stare meglio.

«Salta su nanetta che non sei altro» prima di tutto la presi in braccio tenendola per le cosce che avvinghiò attorno al busto con estrema prontezza.

Mi avvicinai di nuovo alla panchina sedendomi con lei in braccio, cercando poi di allontanarle il viso dal mio collo per permettermi di guardarla negli occhi, erano tristi e acquosi, le labbra gonfie di pianto e gli zigomi arrossati, vederla in quello stato mi angosciava più di quanto immaginassi.

«Eri da Adelaide?» Domandai consapevole già della risposta e di fatti annuì tenendo lo sguardo basso.

«È già la seconda volta che torni da quella casa in queste condizioni» non stavo mantenendo fede alla promessa ma era da sempre così per me, quando vedevo piangere le persone a me care mi innervosivo, e in quel momento ero estremamente nervoso.

«È sua nonna» come se quella fosse la spiegazione a tutti i problemi. Ancora c'era di mezza questa terza persona e mentirei se dicessi che non volessi sapere tutto per filo e per segno, ma non ero pronto ad entrare così a fondo nella sua vita, per il semplice fatto che io della mia di vita non volevo parlare.

«E con ciò? Cosa provi quando la vedi?» Provai un altro tipo di approccio, per vie traverse, dovevo capire cosa provocasse queste reazioni in lei, perché se quella vecchia la faceva sentire in colpa avrei bussato personalmente alla sua porta.

«Lei mi vuole un bene dell'anima, lo so, ma ogni volta che la guardo penso che le cose non sono andate nel verso giusto, che toccava a me, che non ha senso io viva una vita che non sono nemmeno in grado di vivere. Lui aveva tanti sogni e ambizioni, era una promessa del baseball, era la gioia fatta persona, aveva genitori che lo amavano mentre io non ho nulla di tutto ciò, la mia assenza sarebbe stata dimenticata molto presto» lo ripeteva come una cantilena, come se il suo cervello stesse elaborando un pensiero già radicato.

«Non dire stupidaggini Kaia, non esiste una vita che merita di vivere più di un'altra» le presi il viso tra le mani cercando i suoi occhi ma si scansò.

«Sono tutte frasi fatte Adam, esiste poi la realtà e la mia realtà è che per la vita che vivo avrei dovuto cedere il posto a chi meritava più di me. Guardami» allargò le braccia incitandomi ad osservarla tutta.

«Vivo in questa insulsa cittadina per punirmi, per non staccarmi mai da ciò che è successo, non ho una famiglia a cui telefonare perché mio padre si è defilato anni fa e mia madre ha scelto di vivere la vita col suo nuovo marito e non c'era spazio per me. Passavo le mie giornate a servire ai tavoli di un ristorante tra le battute di un cliente e le ramanzine del capo, ironia della sorte ho perso anche l'unica cosa che mi rendeva una persona autosufficiente, perché il mio lavoro è andato in fumo, letteralmente» ridacchiò amareggiata da quel gioco di parole.

«Mi sposto a piedi perché non riesco a poggiare il culo su una fottuta macchina da quasi un anno, avrei dovuto seguire un percorso psicologico ma non l'ho fatto perché qui a Carmel non ci sono psicologi, qui la gente viene come terapia, è tutto inutile, tutto sbagliato» singhiozzava di dolore e di rabbia, digrignava i denti mentre parlava e tentava di raccogliere il fiume di lacrime.

L'avvolsi completamente per stringerla a me nel tentativo di calmarla, sentivo il suo dolore diretto sulla mia pelle, sapevo come si sentiva. Per mesi mi ero chiesto se avessi potuto fare qualcosa per evitare la sua scomparsa, mi colpevolizzavo di non essere stato abbastanza incisivo, di non essermi imposto abbastanza, di essermi lasciato abbindolare dal bene incondizionato che provavo per lei che a conti fatti non mi aveva portato ad altro che alla sua scomparsa.

«Non voglio più sentirti parlare così, hai superato un momento terribile, ti porti delle cicatrici ma ti ho visto sfoggiarle senza paura. Sei intelligente, spigliata, bellissima, in città ti adorano tutti, sei il mio primo posto delle persone che tollero. Noah stravede per te, Sienna è praticamente la tua guardia del corpo e poi c'è la tua nipotina che non vede l'ora di essere viziata da te» sperai che cogliesse e che la notizia le migliorasse l'umore, e per mia grande fortuna colse perfettamente il messaggio.

«È una bambina?» Domandò con un sorriso pieno di lacrime.

«Eh si, a quanto pare Noah sarà circondato da due fastidiosissime rompiscatole»

«Non le ho chiesto nulla, sono andata via rispondendole anche male senza nemmeno chiederle come fosse andata la visita» le tremò il labbro, stava per piangere ancora ed era difficile da spiegare ma sentii il suo dolore schiantarsi addosso come se fossimo connessi.

«È ok, è stata una giornata complicata per te, iniziata nei migliori dei modi grazie al sottoscritto e purtroppo finita terribilmente» tentai di alleggerire pregando di riuscirci definitivamente, perché tutto quel flusso di emozioni aveva caricato emotivamente anche me e non ero abituato a fare i conti con quella parte.

«Grazie Adam, sei venuto qui senza pensarci un minuto, hai sopportato i miei deliri e so quanto sia per te complicato avere a che fare con questo» indicò nel vuoto «Nonostante tutto sei stato l'aiuto migliore che potessi ricevere, questo momento lo terrò come ricordo dopo che sarai andato via» non avremmo parlato anche di quello, non ero assolutamente nelle condizioni di affrontare anche il nostro distacco.

«Ok Bambi basta sentimentalismi e soprattutto ahimè manca ancora un po' alla mia partenza perciò non pensiamoci. Piuttosto saliamo sulla moto che devi andare a dormire prima che crolli su questa panchina» 



Holaaaaa

Eccoci qui con un nuovo capitolo che ho amato molto scrivere, spero siano arrivate anche a voi le emozioni di Kaia, perché questo genere di capitoli sono tra i miei preferiti.

So che leggendo vi starete facendo alcune domandine maaaa, tempo al tempo e scoprirete tutto.

Aspetto vostri feedback 

alla prossima, Baciiii

Bring me to LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora