19. Adam

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Finito il torneo ero tornato al Four Roses con uno degli umori peggiori di sempre.

Noah era andato a parlare con dei fornitori e a me toccava condividere lo spazio vitale con Sienna che non vedeva l'ora di chiedermi perché mi girassero così tanto le scatole.

Cosa avrei dovuto dirle? Colpa della solita ragazzina che ancora una volta spariva, questa volta proprio davanti ai miei occhi e di cui non avevo notizie da ore.

Probabilmente ero stato troppo duro, non sapevo nemmeno cosa le fosse successo e perché mantenesse questo velo di mistero, ero il primo a voler tenere certi avvenimenti segreti, perciò risultava abbastanza ipocrita da parte mia pretendere che lei si aprisse con me, ma questo senso di apprensione non mi piaceva affatto e preferivo sfogare il sentimento trasformandolo in rabbia.

«Non ho voglia di parlare Sienna» la anticipai proprio nel momento in cui incrociò il mio sguardo e si stava preparando ad aprire quella boccaccia invadente.

Si afflosciò su se stessa accettando il fatto che oltre ad averla freddata mi ero completamente allontanato dedicandomi piuttosto alla sistemazione del pozzetto coi gelati.

L'ennesimo suono della campanella segnava l'ingresso di un altro cliente che portava con sé un'altra ordinazione e richiedeva il consueto falso sorriso. Giorno dopo giorno mi rendevo conto di quanto il lavoro al pubblico non facesse per me, in realtà tutto ciò che implicava un contatto umano non richiesto non faceva per me.

«Kaia, cosa ti è successo?» Bastarono queste parole e il tono allarmato di Sienna per mettermi sull'attenti e scattare come una molla nella loro direzione.

«C'è Adam?» Mi si gonfiò il petto nel sentirla chiedere di me. Nel mio immaginario avevo previsto di pungerla con una delle mie solite uscite cattive ma nell'esatto momento in cui me la trovai davanti lasciai cadere ogni tipo di brutte intenzioni.

Era sconvolta, gli occhi gonfi di pianto, il corpo ancora percosso da qualche singhiozzo segno che aveva pianto per l'intero tragitto, perfino un piccolo taglio all'altezza del ginocchio.

«Che cazzo è successo?» Mi posizionai davanti a lei fregandomene del fatto che avessi occupato l'intera visuale di Sienna. Le presi il volto con una mano ispezionandolo accuratamente per capire se ci fossero segni di cui dovevo venire a conoscenza.

Tolto il fatto che fosse profondamente scossa non notai niente di cui doversi allarmare, quanto meno non esternamente.

«Ti hanno fatto qualcosa? Chi ti ha fatto quel graffio?» Ero assetato di informazioni ma lei sembrava in trance e avevo quasi l'istinto di scuoterla per darle una smossa.

«Mi sono graffiata con la bici, credo anche che si sia rotta, non so» la voce roca e tremolante come se potesse tornare a piangere da un momento all'altro.

«Chi se ne frega di quel ferro vecchio. Si tratta di nuovo di quel viscido, devo andare a staccargli la testa?» Il mio cervello mi stava proponendo vari scenari, ognuno dei quali si concludeva con me che compivo atti poco morali.

«No, no. Non è successo niente del genere» si allarmò capendo il viaggio che stavo facendo, tuttavia continuava a non dirmi cosa diavolo le fosse successo.

Stavo per scattare nuovamente ma per fortuna Sienna scelse di intervenire con il giusto tempismo, strano ma vero.

«Adam, ci stanno guardando tutti. Cerca di calmarti» aveva ragione, stavo facendo una sceneggiata e dopo aver appurato che non le fosse successo niente di cui allarmarsi, dovevo placare gli animi e lasciarle il tempo di sfogarsi.

Mi sentivo arrabbiato per non essermi imposto di accompagnarla, magari le avrei evitato questo stato d'animo, ero frustrato perché mi interessava capire cosa le fosse successo mentre lei sembrava un libro chiuso e allo stesso tempo mi chiedevo per quale assurdo motivo mi mostrassi così apprensivo.

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