18. Adam

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Eravamo al Lighthouse, un discreto pub situato proprio nella zona centrale del lungo mare di Carmel, omonimo dello stabilimento più in voga della cittadina.

Era abbastanza affollato, per quanto possa essere tale un luogo di poche anime, ovviamente nulla di paragonabile alla movida di San Francisco ma tutto sommato c'era un clima piacevole.

La gente si divertiva, beveva, ballava e si approcciava senza fretta, tutto scorreva lento e senza frenesia consapevoli che quello offriva e quindi bisognava farselo bastare e trascinarlo il più possibile.

«Ecco a voi le bevute, passate una bella serata» la ragazza che ci aveva portato i cocktail ci salutò calorosamente lasciando ad ognuno di noi un sorriso affabile, tipica tattica che induceva il cliente a ordinare numerose bevute per il puro gusto di farsele servire e ricevere altrettante attenzioni.

«Molto carina la ragazza» commentò Jordan perdendosi nell'ondeggiare dei fianchi della cameriera, e non solo.

«Stai forse tradendo la tua Kaia» lo prese in giro Noah e se il bicchiere che avevo tra le mani fosse stato di plastica lo avrei già accartocciato.

«Kaia è sempre la mia prima scelta, nessuna è come lei ma nell'attesa che si accorga di me» ammiccò in maniera ridicola per lasciar intendere che non poteva indossare la cintura di castità aspettando che lei si infatuasse di lui, dato che molto probabilmente sarebbe morto vergine.

«Ora che mi ci fai pensare, ti ringrazia per quel catorcio che le hai prestato, un po' scomodo da usare in due ma ci ha comunque permesso di scorrazzare tutto il pomeriggio» portai la cannuccia alla bocca sorseggiando tranquillamente il mio cocktail, come se non avessi appena lanciato una chiara provocazione con l'intenzione di vederlo scoppiare dal nervoso.

«Appena avrò l'occasione di vedere Kaia sarò ben felice di appurare ciò che stai dicendo dopo che mi ringrazierà per il catorcio che io mi sono preoccupato di procurarle» nonostante provasse un leggero timore nell'avere a che fare con me, non si tirò indietro convinto della cazzata che aveva appena partorito. Avrei voluto dirgli che per Kaia rappresentava solo colui che sfornava dolci ciambelle che avrebbero soddisfatto la sua golosità, nient'altro che quello, ma non avevo voglia di mettermi a battibeccare con un ragazzino.

Presi il mio bicchiere, mi alzai con l'intenzione di uscire dal locale e prendere una boccata d'aria, Noah non fece domande mi conosceva abbastanza da sapere che se decidevo di allontanarmi era perché avevo bisogno di evadere, onde evitare di dire o fare stupidaggini.

Mi appoggiai al muretto che separava dalla spiaggia, lo stesso su cui si era seduta la ragazzina questa mattina, regalandomi uno dei confronti più interessanti che avessi mai avuto in vita mia.

Era stimolante avere a che fare con lei, si metteva in gioco e mostrava una tale empatia che mi veniva impossibile rimanere in silenzio davanti ad una così spiccata capacità di leggermi come forse nessun altro aveva mai fatto.

Sembrava un discorso cliché, la ragazzina di turno che con il suo visetto angelico riusciva a capire lo stato d'animo degli altri, ma era la verità, non avevo mai permesso a nessuno di capirmi. Volevo che fossi agli occhi di tutti quello incomprensibile, che bisognava prendere per com'era senza starci troppo a pensare, tanto oltre al bell'aspetto e il caratteraccio non c'era altro da conoscere.

Cosa che non era successa con Kaia. A lei non importava ciò che io volevo mostrare, aveva la tendenza a captare ogni più piccolo gesto o parola, analizzarlo e cercare di dare una spiegazione che il più delle volte coincideva appieno con ciò che realmente provavo io.

Senza neppure connettere il cervello con le azioni mi ritrovai con il cellulare all'orecchio dopo aver cercato in rubrica proprio il nome di colei che mi ronzava in testa.

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