10. Adam

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Il mio tono furioso rimbombò per l'intera stanza, il locale era vuoto, gli unici clienti si godevano la brezzolina esterna perciò ero libero di sfogarmi.

«Rispondimi ragazzina, che cazzo ci fai qui?» Mi alzai dallo sgabello andandole in contro per incuterle ancora più timore.

Inutili furono i tentativi dei miei amici di richiamarmi, ormai ero partito e volevo farla sentire in colpa, volevo che uscisse e sparisse dalla mia vista.

«Io ero passata per salutare» rispose con un filo di voce, si guardava intorno cercando di capire cosa fosse successo e questa sua innocenza mi incendiò.

«Oh ma grazie, dopo una giornata passata chissà dove a fare i dannatissimi fatti tuoi ti ricordi di avere persone che forse ti hanno cercata tutto il giorno» gesticolavo, probabilmente la vena alla gola si era gonfiata come ogni volta che mi arrabbiavo, volevo mantenere il tono moderato ma il modo in cui mi guardava come se fosse caduta dalle nuvole mi innervosiva a dismisura.

«Io, mi dispiace non pensavo che vi foste preoccupati» passava lo sguardo da me ai miei due amici che avendo di spalle non potevo sapere cosa stessero facendo. Mi piccai ancora nel sapermi incluso tra le persone che si erano preoccupate, perché non le avrei mai fatto credere una cosa del genere e doveva capirlo nella maniera più chiara possibile.

«Chiariamo le cose» mi avvicinai ancora e questa volta lei mantenne la posizione senza arretrare «a me non frega assolutamente niente di te e di quello che fai, mi sono premurato di perdere tempo a cercarti solo perché una mia amica era estremamente preoccupata, hai presente Sienna?» Mi voltai verso la bionda indicandola teatralmente.

«Ti ha chiamata tutto il giorno, ha aspettato che arrivassi come quasi tutte le mattine, si è preoccupata che non fossi tornata a casa ieri sera e se non te ne fossi accorta è una donna incinta e sicuramente preoccuparsi per te non rientra tra le cose che dovrebbe fare» me le giocai tutte, anche il senso di colpa. Sentivo la necessità di ferirla perché mi aveva fatto perdere il pomeriggio appresso a lei, mi aveva fatto sentire in colpa per non averla accompagnata, mi aveva fatto vagare come uno stupido cagnolino in cerca del padrone.

L'avevo cercata a casa sua, alla caletta dove andava solitamente, sul luogo di lavoro, tutti posti della sua quotidianità che presupponevano una certa confidenza, confidenza che io non avevo intenzione di avere perché l'unico legame che dovevo avere con Carmel riguardava i miei amici e basta.

«Vi chiedo perdono, avevo il telefono scarico e l'ho lasciato a casa, tutt'ora non ce l'ho dietro. Non pensavo che qualcuno si preoccupasse per me» nonostante si stesse sforzando di mantenere un tono fermo la voce le si incrinò nel pronunciare l'ultima frase.

Sbuffai derisorio, ci mancava anche la scenetta da vittima. Se è vero che non hai nessuno allora dove sei stata stupida ragazzina? Perché non ti ho trovata da nessuna parte?

«Va bene Kaia non preoccuparti, adesso so che stai bene, non importa» Sienna le si avvicinò mettendosi davanti a me come a farle da scudo, le accarezzò il viso ma Kaia sembrava di ghiaccio. Era ferita, lo sapevo, lo vedevo, avevo la grande capacità di far rimanere male le persone, eppure non mi aveva dato la soddisfazione di discutere, la sua unica preoccupazione era chiarire con Sienna.

«No, ha ragione Adam, non dovevo farti preoccupare, soprattutto nel tuo stato, mi sono comportata da menefreghista, vi chiedo nuovamente perdono» voleva andare via, percepivo il suo desiderio di allontanarsi da noi, da me.

«Va bene, direi che la ramanzina è stata fatta, stiamo tutti bene beviamoci uno Spritz e chiudiamola qui» Noah tentò di alleggerire la situazione ma nessuno accolse il suo spirito.

«Io devo andare, ho bisogno di tornare a casa, fare una doccia e recuperare il telefono» parlò velocemente, si guardava intorno senza rivolgere attenzione a qualcosa in particolare.

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