Mi sveglio di colpo, il corpo inondato di sudore. La stanza intorno a me sembra la stessa, ma qualcosa non torna. Le ombre proiettate dalle tende sembrano più lunghe, deformate, come se la luce provenisse da un'angolazione innaturale. Una voce familiare, quella di Amalia, mi raggiunge, ovattata, quasi coperta dal suono cristallino di una risata infantile. La porta della mia stanza si spalanca, e una piccola creatura salta sul letto, scuotendomi con impazienza.
"Ale, mi porti a Monza? Me lo hai promesso!"
"Alessandro ti porterà a Monza, amore," risponde mia sorella entrando, con un sorriso appena accennato. La luce che entra dalla finestra tratteggia il suo viso, evidenziando i pantaloni che indossa e una camicia bianca chiusa da una spilla d'oro. Il suo volto è diverso, più segnato, eppure ancora giovane. "Altrimenti, lo farà lo zio Michael, come al solito."
"No! Voglio solo Ale!"
Sbatto le palpebre, cercando di riordinare i pensieri. Il suono della voce di mia sorella ha una tonalità diversa, più matura, eppure c'è qualcosa di innaturalmente familiare. "Sorella!" esclamo, mentre il mio sguardo si posa incredulo sul suo abbigliamento. Qualcosa non torna. Sposto gli occhi dal bambino a lei, mentre il cuore inizia a battermi furiosamente. Mi alzo lentamente, appoggiandomi allo schienale del letto, le mani che tremano appena.
"Che hai stamattina, Alessandro? Sei strano. Hai bevuto ieri sera? Michael mi ha detto di dirti che ha concluso l'acquisto del cottage vicino Londra. Per fortuna i Marchesi sono troppo anziani per tornare in Inghilterra."
"Sorella... come ti sei vestita? E cosa stai dicendo?"
"Oh, santo cielo! Vai a farti un bagno, puzzi di stallatico. Vorrei sapere dove ti sei cacciato ieri sera." Poi aggiunge, con un tono che mi lascia senza fiato: "Tu e la tua mania di dimezzare il personale. Nell'armadio di fronte ci sono i tuoi abiti, il bagno è fuori dalla porta. Stamattina mi sa che dovrò fare il bagno ad Alessandro, vero amore?"
Guardo il bambino, che ride. Poi lei continua, accendendosi una sigaretta: "Grazie per averci accolti qui dopo la morte di papà e la mia disgrazia con il vero padre di mio figlio. Nostra madre pensa solo al buon nome della famiglia, ma tu sei stato un angelo per Alessandro."
Annuisco, confuso. Non riesco a distinguere se sto vivendo un incubo o se qualcosa di impossibile è accaduto. Provo a respirare profondamente, mentre il bambino mi tira per il braccio. L'odore acre del fumo di sigaretta mi arriva alle narici, un odore che non assocerei mai a mia sorella.
"E tuo padre come si chiama, piccolo?" gli chiedo, cercando di mantenere la calma.
"Sei tu!" esclama con un sorriso innocente.
Deglutisco. "Io?" mormoro, incredulo.
La stanza intorno a me sembra la stessa di sempre, ma piccoli dettagli non tornano. I mobili sono cambiati; le tende non sono più di broccato, ma leggere, di lino. Il salotto ha un tavolo rotondo, e le voci dei domestici suonano diverse. Mi avvio verso il bagno, incapace di capire come utilizzare i dispositivi che vi trovo. Un cameriere, vedendo il mio disagio, mi aiuta a far scorrere l'acqua in una bacinella, mentre il ciondolo al mio collo inizia a emettere un lieve bagliore, pulsando come il battito di un cuore.
Quando torno, trovo mia sorella che fuma, osservando fuori dalla finestra. Il bambino gioca con dei soldatini sul tappeto. Un rumore assordante proveniente da fuori cattura la mia attenzione. È un suono che non ho mai sentito prima: un lamento stridente di metallo contro metallo.
"Sorella, cos'è quel baccano?"
"Automobili, Alessandro. La rendita che ci ha lasciato nostro padre mi permetterà di comprarne una. Sarò la prima donna a guidarne una qui a Torino!"
Automobili? La testa mi gira. Mi siedo pesantemente, cercando di non farmi sopraffare dal panico. "Sorella... in che anno siamo?"
Lei mi guarda con un sorriso incredulo. "Alessandro, siamo nel 1922. Che domande sono queste?" Poi aggiunge, con un tono più serio: "Devi riposarti. I tuoi nervi sono sempre stati fragili."
La porta si apre, ed entra Michael. Il suo viso è quello di sempre: i capelli biondi che gli ricadono sulla fronte, gli occhi luminosi che incontrano i miei. Mi stringe forte, sussurrandomi all'orecchio: "Sono qui, amore mio. Sei al sicuro."
Mi lascio andare tra le sue braccia, sentendo il calore della sua pelle contro la mia. Per un istante, tutto sembra tornare al suo posto. Ma il ciondolo al mio collo pulsa di nuovo, questa volta con un bagliore accecante, come se stesse tentando di dirmi qualcosa. Michael mi guarda, come se sapesse qualcosa che io non so.
"Amore," dice piano, accarezzandomi il viso. "Non so cosa stia succedendo, ma lo scopriremo insieme. Le risposte verranno. Tuo per sempre, Mic."
Riflessione: La notte precedente ero a Hall Park, stringendo tra le mani la sua lettera. Il ciondolo sembrava impazzito quando mi sono gettato sul letto. La luce era accecante, e la mia mente confusa, come avessi fumato oppio. Ma quelle parole... quelle parole scritte nella lettera sono le stesse che ora sento dalla sua bocca. Perché? Perché siamo qui, a Torino, a casa mia, ma è tutto cambiato? È questo un sogno o un inganno? O forse un destino scritto oltre il tempo?
Chiudo gli occhi, stringendo la sua mano. Il mondo intorno a me sembra frantumarsi come un vetro sottile sotto il peso di una verità troppo grande per essere contenuta. Eppure, il suo tocco rimane, l'unica certezza in un universo che sembra riscriversi a ogni istante. I nostri nomi, penso, ci chiameranno sempre. Uniti, non possono essere spezzati. È questa la nostra forza, quella che ci tiene insieme, oltre ogni logica, oltre ogni tempo.
Un odore invade i miei sensi, improvviso e travolgente: violetta e lavanda. Quei profumi dolci e penetranti, che da bambino associavo ai gesti nascosti di mia madre, ai suoi abbracci fugaci e alla carezza delle sue dita sul mio viso mentre credeva stessi dormendo, mi avvolgono con una familiarità inquietante. Poi, tra le note rassicuranti, emerge un'altra fragranza, più forte e tagliente: il tabacco speziato. Quello strano aroma che emanava Michael quando mi regalò il ciondolo. Lo stesso profumo che aveva addosso in quel giorno, come se ogni fibra di quell'istante fosse stata conservata e ora liberata per dirmi qualcosa.
Respiro profondamente, i miei sensi si perdono in questa danza di odori che sembrano portare con sé voci del passato, richiami confusi di una volontà che non comprendo. La contessa... potrebbe essere lei? Mi torna in mente il suo sguardo, quegli occhi che sembrano scrutare ogni piega della realtà. Cosa sa mia madre che io ignoro? Eppure, c'è qualcosa di più forte qui, qualcosa che sento risuonare nelle profondità del mio essere.
La stretta di Michael si fa più forte, e i nostri nomi – pronunciati, pensati, desiderati – sembrano vibrare in ogni fibra del mio corpo. È come se la loro eco, uniti, avesse il potere di attraversare qualunque confine, qualunque barriera imposta da questa realtà. Forse è questo il segreto: i nostri nomi, chiamati assieme, sono la chiave per restare saldi, per ritrovarci, ovunque, comunque.
Mi aggrappo a quella certezza mentre tutto il resto si dissolve, lasciando solo il suo tocco e quei profumi che sfumano nell'aria. La forza che ci unisce è più grande di qualsiasi inganno, più grande persino della realtà stessa.
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HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Alessandro e Michael, due giovani di mondi opposti, sono legati da un amore proibito. Alessandro, un nobile ribelle dell'aristocrazia sotto il regno di Vittorio Emanuele II e le riforme di Cavour, nasconde il suo amore per Michael, un...