Un tempo che si spezza, un destino che ci rincorre
Mi volto verso Michael. Qualcosa è successo. Ancora.
Abbasso gli occhi sul ciondolo che porto al collo. La pietra blu pulsa debolmente, come il battito di un cuore lontano. È successo di nuovo.
Michael è il primo a parlare, con la voce roca: «Ale... non siamo più dove pensiamo di essere, vero?»
Scuoto la testa, il cuore che accelera nel petto. «No.»
1925. Quasi quattro anni avanti.
Michael si avvicina, la fronte corrugata. «Ale... come può essere?»
Non rispondo. Perché non ho risposte.
Ogni volta che ci amiamo, ogni volta che ci pensiamo intensamente, il tempo si spezza. È come se la forza del nostro sentimento fosse una crepa nella realtà, una fenditura attraverso la quale qualcosa – qualcuno – ci trascina via, ci scaraventa in un altro luogo, in un altro istante.
Michael si passa una mano tra i capelli, frustrato. «E se dovessimo ricominciare tutto da capo? Se questa non fosse la nostra vita, ma solo un altro riflesso di ciò che potrebbe essere?»
Non ho tempo di rispondere. La porta si apre con decisione e una figura alta entra nella stanza.
Il Principe.
La luce della lampada proietta la sua ombra sul muro. È imponente, elegante, con il portamento di chi è nato per comandare. I suoi occhi scuri si posano su di noi, prima su Michael, poi su di me. E un sorriso divertito affiora sulle sue labbra.
«Alessandro, Michael.»
Michael si irrigidisce, ma il Principe alza una mano in un gesto quasi amichevole.
«Ragazzi, siete incredibili. Di tutta Torino, proprio qui? Con un'intera città a disposizione, avete scelto il palazzo reale.»
C'è un lampo di ironia nei suoi occhi, ma anche qualcosa di più profondo.
«Non preoccupatevi. Non sono il Papa.»
Sogghigna, come se la situazione fosse una farsa a cui sta assistendo da troppo tempo. Poi la sua espressione si fa più seria.
«Ma devo dirvelo: questa non è più l'Italia in cui avete vissuto.»
Mi irrigidisco. «Cosa intende, Altezza?»
Il Principe sospira, si avvicina alla finestra e osserva la città illuminata dalle luci elettriche, dai fari delle automobili che fendono la notte. «Parlo da amico. Oggi per voi c'è il confino.»
La parola mi raggela.
«Non badano ai nobili, non ancora almeno,» continua, con la voce più bassa. «Ma il regime troverà il modo di usarvi. Se non potranno perseguitarvi apertamente, vi ricatteranno, vi isoleranno. Gli inglesi venivano qui per cercare libertà... ma voi siete italiani, almeno Alessandro. E l'Italia di oggi non è più quella di un tempo.»
Michael lo guarda, il viso teso. «Ci state dicendo di sparire?»
Il Principe inclina il capo, poi sorride, ma è un sorriso privo di vera leggerezza. «Vi sto dicendo di stare attenti.»
Il suo sguardo si posa su di me, più intenso, quasi fraterno.
«Alessandro, so quanto tieni alla tua famiglia. So chi sei.» Fa una pausa, quasi pesando ogni parola. «E so anche che non cambierai mai.»
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HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Può un amore sopravvivere quando il mondo lo condanna? Può un sentimento bruciare senza essere mai pronunciato? Alessandro Crepuett, giovane aristocratico, ha sempre saputo qual era il suo posto: erede di una famiglia potente, cugino d...