TI AMERO' SEMPRE

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Palazzo Reale, Torino – 2 Maggio 1851

"I love thee to the depth and breadth and height my soul can reach."

Elizabeth Barrett Browning

"È una realtà tragica che i cuori più nobili debbano affrontare i dolori più profondi."

John Keats



Michael è stato condotto negli appartamenti privati del Re, un luogo quasi inaccessibile, dove l'aria sa di cera d'api e legno antico. Gli arazzi lungo le pareti raccontano storie di guerre e trionfi, ma oggi sembrano solo silenziosi testimoni della mia angoscia.

La stanza è avvolta da un'oscurità ovattata, rischiarata solo dal bagliore fioco delle lampade a olio. L'atmosfera è sospesa, ogni rumore attutito dalla tensione che impregna l'aria.

Sua Maestà la Regina è seduta accanto a mia madre. Due figure di ghiaccio, solenni, imperturbabili. Ma stasera, nei loro occhi, leggo qualcosa di nuovo.

La Regina rompe il silenzio con una voce che vibra, carica di un'intimità che raramente le ho sentito usare.

«Figlio...» sussurra, come se volesse infondermi coraggio. «Vostro cugino ha compiuto un atto eroico. Dobbiamo sperare in un miracolo.»

Mi rifiuto di guardarla. Il mio cuore è troppo pesante per sostenere il peso della speranza.

«Ma è in pericolo, Vostra Maestà» rispondo, la voce incrinata dall'angoscia. Michael sta morendo.

Le parole mi escono in un sussurro soffocato.

«Un proiettile è fermo in un punto critico. Non posso pensare a nulla che non sia il suo dolore.»

La Regina si alza. Si avvicina a me con passo lento, misurato, come se temesse che un gesto troppo brusco possa spezzarmi. Prende le mie mani nelle sue.

«L'eroismo di Michael non sarà vano» mormora. «Ha salvato il Re, e ora noi dobbiamo salvarlo.»

Le sue dita stringono le mie, in un gesto inconsueto di conforto. Il suo sguardo, solitamente algido, è ora colmo di una malinconica dolcezza.

La porta si apre con un gemito e il Re entra nella stanza.

Lui, che di solito incarna la fermezza, ora appare fragile, segnato dall'ansia. Il suo volto porta ancora le tracce del sangue di Michael, la giacca sporca, le mani serrate dietro la schiena.

Eppure, il suo sguardo è saldo.

«Vostra Grazia Alessandro» dice, la voce grave ma affettuosa. «Vi accompagnerò da lui. Non possiamo perdere tempo.»

L'agonia

Mentre percorriamo il corridoio, il mio respiro si fa corto. Il battito del mio cuore è un tamburo impazzito nelle orecchie.

La grande camera si apre davanti a noi.

L'odore del sangue si mescola a quello del cuoio e della polvere da sparo. L'aria è densa, carica di aspettative e timori.

Michael giace su un letto troppo corto per il suo corpo slanciato, il petto sollevato a fatica dal respiro. Tre medici e quattro aiutanti si muovono febbrili attorno a lui, le mani sporche di garze intrise di rosso.

La luce delle lampade a olio illumina il suo viso pallido, quasi spettrale.

Uno dei medici si volta verso di me, la voce piatta, professionale.

«Vostra Grazia...» inizia. «Stiamo facendo tutto il possibile. Il proiettile è in una posizione critica. Questo è un momento decisivo.»

La mia gola si stringe. È come se ogni parola mi colpisse con la violenza di un pugno.

Poi, un rumore alla porta. Amalia e Annabella entrano nella stanza.

Amalia mi vede, il volto teso di preoccupazione, e mi si avvicina di corsa.

«Alessandro!» esclama. «Siamo qui per te.»

Annabella le fa eco, con la voce più composta ma altrettanto ferma.

«Vostra Grazia, abbiamo appreso che a Monza c'è un chirurgo di straordinaria abilità. Il Re ha già contattato l'ambasciatore austriaco. Potrebbe arrivare presto.»

Le loro parole sono un raggio di speranza, ma io sono troppo spezzato per aggrapparmici.

«E se non sopravvive?» La mia voce si incrina, l'angoscia mi soffoca.

Amalia mi prende per le spalle, con una dolce fermezza che solo lei possiede.

«Non dirlo» sussurra. «Michael è forte. Ha sempre combattuto contro le avversità.»

L'imprevedibile

La porta si apre di nuovo.

Mia madre entra.

Avanza lentamente nella stanza, il suo abito nero che scivola sul pavimento come un'ombra. Ma stavolta è diversa.

Nei suoi occhi freddi c'è qualcosa di nuovo.

E poi, accade l'impensabile.

Si ferma davanti a me. E mi stringe.

Un abbraccio forte. Un abbraccio vero.

Sento il suo corpo tremare contro il mio. La sua maschera si spezza.

«Alessandro...» singhiozza, il suo viso affondato sulla mia spalla. «Mi dispiace... Mi dispiace tanto.»

Non riesco a muovermi. Non riesco a parlare.

Non ho mai visto mia madre piangere.

Le sue lacrime scivolano sui suoi guanti di pizzo nero, un fiume che si libera dopo anni di prigionia.

«Madre...» balbetto, incredulo.

Lei si scosta appena, mi guarda con occhi rossi di pianto.

«Ho sempre creduto che la rigidità fosse la mia forza» sussurra. «Ma ora capisco che l'amore è l'unica cosa che conta.»

La rivelazione

Si ricompone, la voce che si fa ferma.

«Devi chiamare Belladonna» dice, asciugandosi le lacrime con un gesto brusco.

Il nome mi colpisce come un fulmine.

«Ma... il chirurgo di Monza...»

Lei scuote il capo.

«Neanche il chirurgo dell'Imperatore d'Austria lo salverà.»

Il gelo mi attraversa.

«Allora... cosa dobbiamo fare?»

«Dobbiamo agire.** Subito.** Belladonna è a Racconigi. Devi telegrafare al Re. Deve essere qui stanotte.»

Mi fissa, la sua mano stringe la mia con forza.

Poi, da sotto il mantello, estrae un ciondolo.

Un ornamento antico, dorato, che brilla nella penombra.

«Quando Belladonna sarà qui, consegnale questo» dice.

Il suo sguardo brucia di segreti.

«Questa volta dirò tutta la verità.»

Il sangue mi si gela nelle vene.

«Madre... cosa significa?»

Lei sospira.

«Significa che la salvezza di Michael non dipende solo dai medici. Dipende da qualcosa di molto più antico.** E io... ho nascosto la verità per troppo tempo.**»

Stringo il ciondolo tra le mani.

Il tempo sta per scadere.

HO DETTO AMORE  - Il ciondolo segreto -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora