IL COLORE ROSA

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Nei giorni successivi al nostro arrivo, Aix-les-Bains si rivela un rifugio sospeso nel tempo, un luogo dove la tranquillità avvolge ogni cosa come un velo dorato, un abbraccio che mi scalda il cuore e mi fa tremare di un'ansia che non riesco a scacciare. Il lago si stende davanti alla dimora della marchesa Elise, un azzurro vibrante che riflette il cielo invernale, le sue acque placide increspate solo dal vento gelido che scende dalle colline, un paesaggio di armonia e respiro che mi incanta e mi spaventa allo stesso tempo. Le montagne si ergono sullo sfondo, cime bianche che brillano sotto un sole pallido, e l'aria porta con sé l'odore di pino e neve, un profumo che mi riempie i polmoni e mi ricorda che siamo lontani da Torino, lontani dalla morsa di mia madre, la contessa Matilde. Ma anche qui, in questo santuario di pace, un'ombra mi segue, un presagio che mi stringe il petto mentre guardo Amalia e Annabella passeggiare nei giardini della residenza, i loro passi che scricchiolano sulla ghiaia, le risate che si intrecciano al fruscio delle foglie secche, un suono che mi scalda il cuore e mi lacera con la sua fragilità.

Amalia, avvolta nella sua mantellina di lana scura, cammina accanto ad Annabella, i loro abiti che ondeggiano come fiori d'inverno contro il grigio del paesaggio, e la loro amicizia si fa sempre più profonda, un legame che mi commuove fino alle lacrime. Si scambiano confidenze sotto i rami spogli degli alberi, le teste vicine, le mani che si sfiorano in gesti di conforto, come due sorelle che si conoscono da sempre, e io le osservo dalla finestra della sala, il vetro freddo contro la mia fronte, il cuore che si stringe di gioia e paura. È meraviglioso vedere mia sorella così serena, il viso illuminato da un sorriso che non ricordavo più, ma il suo ventre, ormai visibile sotto il corsetto, è un segreto che mi soffoca, un battito di vita che dobbiamo proteggere a ogni costo. Pietro, accanto a me, si è ambientato a questa nuova esistenza, finalmente libero dalla paura che lo perseguitava a Torino, i suoi abiti aristocratici—un velluto nero che gli fascia le spalle—che lo rendono un uomo nuovo, ma è l'amore nei suoi occhi quando guarda Amalia che lo rende splendente, un fuoco che mi scalda il cuore e mi ricorda perché sto combattendo.

Un giorno, mentre il sole filtra tra le nuvole basse, Elise irrompe nella sala con una lettera in mano, gli occhi verdi che brillano di una soddisfazione che mi fa tremare di sollievo. «Siamo in estasi!» esclama, la voce che danza nell'aria come un canto, mentre sfoglia il foglio con dita rapide, la calligrafia dell'avvocato che sancisce una vittoria che mi mozza il fiato. «L'adozione è stata legalmente riconosciuta: Pietro è ufficialmente parte della nostra famiglia!» Pietro, seduto accanto al camino, si lascia andare a un sospiro liberatorio, il viso che si illumina di un'incredulità che mi stringe il cuore. «Non so come ringraziarvi...» dice, la voce che si spezza, un filo di emozione che mi trafigge. Lo stringo per le spalle, le mani che tremano mentre lo guardo negli occhi, il calore della sua pelle sotto il velluto che mi scalda le dita. «Non devi ringraziarci,» rispondo, la voce roca, un nodo che mi soffoca mentre cerco di trasmettergli una forza che non sono sicuro di avere. «È la tua nuova vita.» Ma dentro di me un'onda di gioia e terrore mi travolge, un misto di trionfo e ansia che mi fa tremare, perché so che Matilde non si arrenderà mai, non davvero.

E poi c'è quell'ombra, un dettaglio inquietante che mi perseguita ogni giorno: il cane lupo della donna anziana ci segue, silenzioso e mai aggressivo, una presenza che mi gela il sangue e mi scalda il cuore allo stesso tempo. Lo vedo comparire tra i filari degli alberi nei giardini, lungo i sentieri acciottolati della città, seduto a osservare Pietro ogni volta che lui è solo, i suoi occhi grigi che brillano come fari nella penombra, un guardiano che mi scruta senza mai avvicinarsi troppo. È come se fosse stato incaricato di vegliare su di noi, un'ombra che mi protegge e mi spaventa, un mistero che mi stringe la gola mentre cerco di capire cosa significhi, chi lo abbia mandato, perché sia qui. Lo guardo dalla finestra, il suo pelo nero che si confonde con il crepuscolo, e un brivido mi corre lungo la schiena, un'eco di quella donna al Parco del Valentino che mi ha lasciato un fazzoletto ricamato, un profumo di lavanda che mi perseguita come un ricordo che non riesco a collocare.

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