Gli alberi ondeggiano lievi sui crinali assonnati dei palazzi nobiliari. In alto, le finestre non mi appaiono più curiose con gente che mi scruta; non sento più gli occhi che controllano i miei movimenti. I portici, decorati con strani rilievi floreali, e le botteghe storiche, ora sostituite da piccole rivendite di cioccolato, giornali e tabacchi, danno alla città un aspetto diverso.
Mentre camminiamo tra le strade di Torino, avvolti da un'aria che sa di passato e di futuro intrecciati insieme, Michael mi afferra la mano con una fermezza gentile, intrecciando le dita tra le mie. Sono calde, rassicuranti, e il modo in cui si stringono alle mie è l'unica cosa che mi ancora a questa realtà.
«L'unico modo per non impazzire è accettare ciò che è, Ale.» La sua voce è un sussurro che si mescola al fruscio degli alberi. «Non possiamo combattere questa realtà come se fosse un nemico. Dobbiamo adattarci, viverla, farla nostra.»
Lo guardo, ancora smarrito. Il mio corpo è qui, ma la mia mente è altrove.
«Io non voglio adattarmi, Michael,» dico, il cuore in tumulto. «Io voglio capire. Voglio sapere perché siamo qui, chi ci ha trascinati in questo tempo, cosa stiamo davvero affrontando.»
Michael sorride appena, inclinando il capo in quel modo che mi ha sempre affascinato. Il tramonto gli accarezza il viso con toni dorati, rendendolo quasi irreale nella sua bellezza.
«Tu vuoi sempre risposte, Ale. Sei fatto così. Ma a volte le risposte arrivano solo quando smetti di cercarle disperatamente.»
«E quindi dovrei semplicemente accettare che siamo nel 1922, con la nostra vita strappata via, e comportarmi come se fosse tutto normale?» Il mio tono è più duro di quanto vorrei, ma lui non si scompone.
«No,» dice, e il suo pollice sfiora il dorso della mia mano, in un gesto lento, confortante. Un brivido mi attraversa la pelle, come se quel semplice gesto potesse spazzare via la paura. «Dovresti accettare che, ovunque siamo, siamo insieme. E questo basta.»
Resto in silenzio, il respiro sospeso.
Michael mi ferma con dolce fermezza, costringendomi a guardarlo.
«Ascoltami,» mormora, con quella calma che solo lui sa avere, quella che mi ha sempre tenuto in equilibrio quando tutto sembrava crollare. «Tu sei un grande oratore, Alessandro. Sai incantare con le parole, sai convincere il mondo intero a seguirti in battaglia. Ma io... io so resistere. So adattarmi. E adesso tu hai bisogno di questa forza. Prendila da me.»
La sua mano scivola sulla mia guancia, il palmo aperto, le dita che mi sfiorano con la stessa delicatezza con cui un musicista sfiora le corde di un violino.
«Michael...» sussurro, e il mio stesso nome sulle sue labbra sembra una promessa.
Lui si avvicina ancora di più, il suo respiro sfiora il mio.
«Io ci sono,» dice, e nei suoi occhi vedo tutto. «Sempre.»
Tra di noi, il ciondolo che porto al collo inizia a pulsare con un bagliore soffuso, un battito dorato che sembra seguire il ritmo del mio cuore. Michael lo nota, ma non dice nulla. Il suo sorriso è appena accennato, un riflesso della consapevolezza che non abbiamo bisogno di parole per capire cosa significhi.
In quell'attimo, accetto la verità più semplice di tutte.
Non importa dove siamo. Non importa in quale anno il tempo abbia deciso di gettarci.
Michael è qui. E finché lo è, tutto il resto non conta.
Palazzo Carignano si erge davanti a me, ma non riesco a riconoscerlo completamente. Le sue linee sembrano più fredde, meno accoglienti, come se avesse perso parte della sua anima. Mi torna in mente una sera d'estate del 1849, quando, nascosto sotto l'architrave del portico con Michael, ho provato per la seconda volta il brivido di un amore proibito. Ricordo ancora la sensazione delle sue labbra sulle mie, rapide e piene di un'intensità che solo il segreto poteva amplificare. Era lì che il nostro amore aveva trovato un rifugio momentaneo, lontano dai giudizi e dalle catene della società.
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HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Può un amore sopravvivere quando il mondo lo condanna? Può un sentimento bruciare senza essere mai pronunciato? Alessandro Crepuett, giovane aristocratico, ha sempre saputo qual era il suo posto: erede di una famiglia potente, cugino d...