Il suono della lettera che cade dalla scrivania di mia madre è come un colpo secco nel silenzio della stanza. Il rumore del libro che si chiude risuona forte, e per un istante mi sembra che il mondo stesso si fermi. Spero, per un attimo, che non sia vero, che sia solo un errore. Ma il mio cuore, che già conosceva parte della verità, mi dice che non è così.
Mia madre solleva lo sguardo, il suo volto in apparenza impassibile, ma i suoi occhi tradiscono un'emozione che non riesce a nascondere. L'ombra di un rimorso che è ormai troppo tardi per dissipare. Con un movimento lento e misurato, raccoglie la lettera, quasi come se fosse un oggetto sacro, qualcosa che non dovremmo mai vedere. La mia mente corre, ma la sua voce, fredda e calcolatrice, interrompe ogni pensiero.
"Non avrei potuto fare altrimenti, Alessandro", dice, la voce calma ma netta. "In un mondo come il nostro, dove le alleanze si fanno e si disfaranno, ho dovuto prendere delle decisioni. Ho pensato che il nostro matrimonio con la casa Savoia avrebbe portato stabilità, che il nostro legame con loro avrebbe rafforzato la nostra posizione. Il fatto che tu fossi figlio del Duca era una questione che non avremmo mai potuto portare alla luce."
Le sue parole, che per anni ho temuto di sentire, ora suonano come un'eco lontana, come qualcosa che ormai non mi sorprende più. Ma il peso del suo segreto, il peso della sua vita segnata dal calcolo, è qualcosa che non riesco a gettare via facilmente.
"Ti amo come un figlio."
"Mi hai nascosto la verità per così tanto tempo, madre", dico, la voce che tremola solo per un istante. "Mi hai trattato come un oggetto, una pedina nelle tue mani, e ora mi dici che mi amavi come un figlio, non sono tuo figlio? Cosa posso rasserenarmi? Non vedo la sincerità in te. Hai distorto moltissime verità, come posso crederti?"
Lei abbassa lo sguardo, ma non trova parole. Solo un'ombra di pentimento che, nonostante le sue parole, non riesce mai a raggiungere il mio cuore. Forse non l'avrà mai fatto, perché mi sono accorto troppo tardi che non è mai stata capace di amare senza un ritorno, senza un calcolo. Mi volto verso mio padre, che da un angolo osserva tutto in silenzio, ma con uno sguardo che non è più di disinteresse. "Padre", dico, la voce tremante. "Tu lo sapevi, vero? Sapevi che ero figlio del Duca ?"
Lui annuisce lentamente, e c'è qualcosa di spezzato in lui. "Lo sapevo. Non ti ho mai detto la verità. Ma l'ho fatto per te, per il nostro futuro. Per la casa Savoia. Ho fatto quello che pensavo fosse giusto. Loro hanno deciso e noi abbiamo obbedito amandoti come un figlio. Non volevamo che il nostro legame con la corona britannica fosse compromesso."
Mi avvicino a lui, e per un momento il nostro silenzio si fa inteso, quasi come se cercassi un rifugio che non c'è. "E mi hai voluto bene come un padre?" La mia domanda non è solo una ricerca di conferma, è una richiesta di perdono, un desiderio che non so più come esprimere.
"L'ho fatto, figlio mio. Ti ho voluto bene come un padre. Ma la politica è sempre stata più forte di tutto."
E in quel momento capisco che, in qualche modo, nessuno di noi è mai stato veramente libero. Siamo intrappolati nelle scelte fatte da altri, in una rete che non possiamo più scardinare.
Nel silenzio che segue, Michael, che ha osservato la scena da lontano, finalmente rompe la tensione. La sua voce è calma, ma c'è un tono di triste consapevolezza che mi colpisce. "Alessandro," dice, "non dobbiamo illuderci. Il Re di Sardegna e la sua corte, anche se non lo ammetteranno mai, hanno bisogno dell'Inghilterra. La tua legittimazione da parte del Duca è una questione di stabilità politica, e loro si adatteranno alla nuova realtà. Non credo che si opporranno al tuo status. Anzi, è molto più probabile che lo accolgano."
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HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Alessandro e Michael, due giovani di mondi opposti, sono legati da un amore proibito. Alessandro, un nobile ribelle dell'aristocrazia sotto il regno di Vittorio Emanuele II e le riforme di Cavour, nasconde il suo amore per Michael, un...