Ci sono dei momenti in cui mi sento estraneo a me stesso: non riesco a controllare i miei pensieri e non posso fare a meno di escludermi e non ascoltare ciò che mi dicono.
Non so da cosa dipenda, ma succede sempre più spesso. Quando le persone mi raccontano qualcosa, io devo fingere di starli ascoltando, ma in realtà non mi riesco a concentrare su ciò che dicono e, se lo faccio, è in modo così superficiale che poi me ne dimentico subito dopo.
È capitato diverse volte che qualcuno mi parlasse di un argomento già affrontato e, cadendo dalle nuvole, io non ho saputo rispondere perché nel mio cervello l'informazione era del tutto nuova.
Mi rendo conto di quanto sia fastidioso, perché sembra che io non sia interessato. Per quanto io mi sforzi, non ci riesco.
È quello che mi succede anche stamattina: mentre mia madre mi parla di una storia che riguarda probabilmente una sua cliente, io resto concentrato a fissare il latte, mentre ripenso a Cristina, poi a Leo, ad Alice.
I pensieri sono velocissimi e completamente diversi tra di loro. È come se avessi sempre qualcosa di cui preoccuparmi, non riesco mai a rilassarmi e a smettere di pensare.
Ciò che mi preoccupa, come se questo non fosse abbastanza, è che capita anche che io pensi alla stessa cosa tantissime volte al giorno ma, durante le ore, la mia opinione a riguardo cambi.
Per esempio, nelle ultime due settimane ho pensato diverse volte di aver commesso un errore parlando con Alice in modo così intimo. Ma solo qualche ora più tardi mi trovavo steso nel mio letto a riflettere su quanto io sia stato stupido a lasciare andare una persona con cui finalmente sentivo di star bene.
Inoltre non me la sento ancora di parlarne con mia madre, l'unica a cui posso dirlo in questo momento.
«Certa gente è davvero irrispettosa», conclude il suo discorso, sbuffando e rivolgendo gli occhi verso il cielo, scocciata.
Io non posso fare a meno di pensare solo al mio problema e so che la frase potrebbe risultare egoista. Ma sono così arrabbiato con me stesso che non riesco a concentrarmi su nient'altro, soprattutto sulla montagna di compiti che mi aspettano.
Questa settimana ho un compito di matematica, una versione di latino e un'interrogazione di fisica, io non sono affatto pronto e non sono minimamente preoccupato di come possa andare a finire.
Non so cosa avessi in mente il giorno in cui ho scelto di frequentare il liceo scientifico, consapevole che la sola parola "scientifico" mi fa venire i brividi.
Non sopporto la matematica, le scienze e la fisica, mentre amo la storia, la geografia e la letteratura. E questo è un altro punto in comune che ho con Alice, ma lei ha deciso di frequentare il liceo classico.
Ecco che nuovamente i miei pensieri si spostano su di lei. Credo di avere un problema.
Per fortuna, o purtroppo, non saprei dire, vengo distratto dalla notifica del messaggio di Leo: mi chiede se possiamo vederci stasera. Accetto e poso subito il telefono: non solo non ho ascoltato il discorso di mia madre, ma sto anche guardando il cellulare mentre mi parla, il che è assolutamente inaccettabile, a detta sua.
Lei esce poco dopo da casa per andare a lavoro, mentre io resto in cucina, solo con i miei pensieri.
Dovrei fare colazione, ma non riesco nemmeno ad afferrare la tazza del latte per quanto io mi senta confuso in questo momento.
Credo che oggi resterò a casa: non ho voglia di andare a scuola, né di sentire i professori. Proverò a studiare un po', anche se già so che fallirò miseramente e tornerò nel caldo del mio letto.
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Primo dicembre
ChickLitValerio è insicuro: a causa del suo passato doloroso, ha la costante paura di essere abbandonato e di restare solo. Ogni giorno è costretto a fare i conti con le innumerevoli delusioni che ha ricevuto per tutta la vita, quelle che lo hanno portato a...