Prologo

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Amo la luna da quando sono bambino.
Mi affacciavo alla finestra della mia camera, scostavo le tende e la ammiravo con occhi sognanti. Era rassicurante vederla sempre lì, ogni notte. Sapevo che qualsiasi cosa fosse successa, la luna sarebbe sempre rimasta lì e avrei potuto guardarla in silenzio quando volevo. Aveva forme diverse ogni volta, e questo mi affascinava ancora di più: poteva essere chi voleva senza che nessuno la giudicasse. Anche io avrei voluto essere come lei. Avevo solo sei anni, ma non desideravo giocattoli o album delle figurine. Il mio sogno nel cassetto era quello di potermi trasformare in qualunque cosa io volessi, magari una farfalla, per volare lontano da tutto. O magari, perché no, proprio nella luna. Lei se ne stava lì, in alto nel buio della notte, a regnare silenziosa. Aveva tutti gli occhi addosso e tutti la apprezzavano. Ero segretamente invidioso del potere che possedeva, avrei voluto essere anche io così enigmatico. E invece io non ero nessuno, non lo ero mai stato. Avrei voluto che qualcuno mi desse una pacca sulla spalla, mi sorridesse e mi dicesse che sarebbe andato tutto bene. Ma ero solo: pensavo io ad asciugarmi le lacrime quando ero triste e a curarmi le ginocchia sbucciate quando in giardino cadevo per prendere il pallone. Avrei voluto essere importante come lo era la luna, guardare tutti dall'alto ed essere ammirato da loro. Mi vergognavo di quel pensiero, infatti l'avevo sempre tenuto nascosto, ma in fondo quel desiderio non mi faceva dormire la notte, per quanto ne ero ossessionato.
Volevo fare qualcosa di grandioso: volevo diventare il cantante più bravo e famoso di tutti per rendere mia madre fiera di me. Ma in fondo al cuore, speravo che così mio padre mi avrebbe visto e mi avrebbe cercato di nuovo. L'avevo visto sparire dalla mia vita all'improvviso, senza nemmeno una spiegazione, se ne era andato e basta. Quando guardavo la luna pensavo anche a lui. Eravamo sotto allo stesso cielo, magari anche lui l'avrebbe ammirata dalla sua finestra e mi avrebbe pensato.

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