Capitolo 10

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«Vale, ma che hai combinato stanotte? Hai una faccia...», dice Leo, quando mi vede. In effetti credo di avere delle occhiaie così profonde da far invidia a quelle degli zombie, ma ho trascorso tutta la notte sveglio a parlare con Alice.

«Sono stato sveglio a guardare una serie per tutta la notte. Era così avvincente che non ho sentito la stanchezza», invento sul momento.

Lui ci crede e si mette a ridere, io faccio lo stesso. In realtà è già successo che io restassi in piedi tutta la notte per guardare qualcosa, quindi non è così strano da immaginare.

Se dicessi al mio migliore amico la verità, non sarebbe d'accordo.

Ha questa strana ossessione per Christian e Alice che ancora non riesco a spiegarmi e se sapesse quello che è davvero successo si arrabbierebbe con me un'altra volta e, sinceramente, non ne ho voglia.

Mentre Leonardo mi parla della sua ennesima conquista, io ripenso a quello che è successo questa notte in chiamata e non riesco a non sorridere. Mi mostro interessato a quello che dice e, per quanto vorrei dargli davvero retta, non riesco a stargli dietro e non riesco a fare a meno di pensare alla dolce voce di Alice.

Ieri mi ha parlato di sé, di quello che ama fare e della persona che vorrebbe essere.

Quando parlo con lei, ho l'impressione di conoscerla da tutta la vita: è così familiare che mi viene da pensare che in un'altra vita ci siamo conosciuti.

Non so se i miei pensieri siano dettati dalla stanchezza, non so nemmeno se ha senso quello che dico, ma mi sento così legato a questa ragazza che mi stupisce non averci mai parlato prima.

E poi, il fatto che entrambi siamo nati il primo dicembre dello stesso anno, non può essere un caso. Mentre io venivo al mondo lei aveva conosciuto la vita solo da qualche ora.

Mi ha raccontato del suo sogno di diventare una maestra e della fatica che impiega per convincere i suoi genitori che sia la scelta giusta per lei.

Vorrebbero che diventasse un medico come suo padre o un avvocato come sua madre, non contemplano che possano esserci altri lavori, perché per loro non sono abbastanza prestigiosi e non le consentirebbero di condurre la vita agiata che ha sempre avuto fin da quando era una bambina.

Ho ascoltato le sue parole in silenzio mentre giocavo col filo del mio caricatore e con lo sguardo perso nel vuoto.

Ho percepito la sua frustrazione e questo mi ha reso felice e angosciato allo stesso tempo: sono contento che lei si sia fidata di me fino a questo punto, ma mi dispiace sapere che è questo ciò che prova.

La vedo in lontananza, con la faccia stanca come la mia e mi ritrovo improvvisamente a sperare che Leonardo non se ne renda conto, o potrebbe tranquillamente arrivare alla verità da solo.

Lei non mi vede, continua a camminare nel cortile della nostra scuola, fino a raggiungere una sua amica. Parlano tra loro e sorridono di tanto in tanto ed è proprio in questo momento che mi rendo conto che forse sto affrettando troppo le cose tra di noi: ero così felice di parlare con Alice che non mi sono reso conto che la conosco appena e sono uscito da poco da una relazione dolorosa.

Forse le sto dando troppa fiducia, o forse sbaglio a permettere a lei di darmi tutta questa fiducia.

La testa mi esplode per la velocità con cui i miei pensieri si susseguono, non capisco più se quello che sto facendo sia la cosa giusta oppure no e l'unica persona con cui vorrei confidarmi è il mio migliore amico.

Tuttavia credo che terrò questo segreto per me perché parlarne con lui è fuori discussione.

Mentre Leonardo continua a parlarmi della ragazza che gli interessa in questo momento, alterno lo sguardo da lui ad Alice, non sapendo su cosa dovrei concentrarmi adesso.

Per fortuna ci pensa la campanella a distrarmi: ci avvisa che sono le otto in punto e dobbiamo entrare in classe e, per la prima volta da quando siamo arrivati, Alice mi vede.

Accenna un timido sorriso e scuote leggermente la mano per salutarmi. Non riesco a ricambiare il suo sorriso e nemmeno il suo saluto e questo le fa aggrottare le sopracciglia dallo stupore.

Lei ha ragione: abbiamo parlato tutta la notte e adesso io mi comporto come se niente fosse, ma mi sto rendendo conto troppo tardi che ho paura.

Ho paura di affezionarmi troppo velocemente a lei, di mostrarle le mie debolezze che potrebbe usare contro di me proprio come ha fatto Cristina durante tutta la relazione.

Durante la festa di Capodanno lei si è preoccupata per me e le parole che ha usato per prendersi cura di me sono state perfette, fin troppo.

Questo non fa altro che incrementare le mie paure, perché è impossibile che esista qualcosa di così giusto e appagante.

La guardo per l'ultima volta, prima di perderla tra la folla. Sospiro, pensando a quanto io abbia sbagliato a trattarla in questo modo: non avrei mai dovuto permettere che ci avvicinassimo così tanto.

Non posso tornare indietro nel tempo, ma posso far sì che il futuro sia migliore.

Voglio aspettare di essere pronto per parlare in questo modo con una ragazza, voglio essere sicuro di potermi fidare e adesso non voglio rischiare di rimanere ferito un'altra volta. Mi dispiace per aver coinvolto Alice, probabilmente l'ho fatto perché ho sperato davvero che con lei potesse funzionare, ma ho commesso un errore.

Le lezioni, come al solito, sono noiose e interminabili. Non faccio altro che scarabocchiare sul banco e sui miei quaderni.

Di tanto in tanto, sento gli occhi che si chiudono. Mi accascio sul banco, senza nemmeno provare a mostrarmi attento perché so che non servirebbe a niente e non ci riuscirei mai.

Improvvisamente tutta la stanchezza che ho accumulato ieri al lavoro e durante tutta la notte comincia a farsi sentire e non so come riuscirò ad affrontare altre ore a lavoro, essendo coì stancante e faticoso.

Spero di riuscire a riposare un po' oggi pomeriggio, anche se questo significa che non potrò fare i compiti.

Ad ogni modo, non so se mi ci sarei messo: dico sempre di dover studiare, poi per pigriza non lo faccio mai. Mi sento in colpa per questo e, soprattutto, non mi sento in grado di fare nulla.

Le ore trascorrono, se possibile, sempre più lentamente e non do retta a niente e a nessuno. Esco dalla classe il più velocemente possibile, quando suona la campanella.

Per fortuna mia madre oggi ha il giorno libero per via della visita dal ginecologo, quindi si è proposta di passarmi a prendere da scuola e io non posso che esserne contentissimo. Odio prendere l'autobus o tornare a casa a piedi quando sono così stanco.

«Tutto bene oggi a scuola?», mi chiede mia madre, come da copione. Non so perché i genitori pongano sempre le stesse domande, non capisco cosa vogliano sentirsi dire. Non si può mai rispondere che è andato effettivamente tutto bene, perché non può accadere in un posto infernale come la scuola.

Nonostante questo sia ciò che penso, annuisco senza dar troppo peso al suo sguardo insistente su di me.

Si allaccia la cintura e finalmente si concentra sulla macchina e sulla strada. Più passa il tempo, più sento la stanchezza che si impossessa di me.

«Allora, dimmi un po', chi è la ragazza che ti ha tenuto sveglio tutta la notte a parlare?». Spalanco gli occhi e la vedo sorridere.

Mi chiedo come diamine sia possibile che lei se ne sia accorta, ma poi mi ricordo che le pareti sono davvero sottili, tant'è che a volte anche io sento mia madre parlare con Lorenzo.

Non so perché, ma improvvisamente vorrei sotterrarmi e chiudere questa conversazione il prima possibile. È così imbarazzante dover parlare di queste cose con mia madre, anche se so che non dovrebbe essere così.

Non è quel tipo di persona che giudicherebbe una mia situazione, non farebbe nessun commento negativo senza una buona ragione.

Eppure sento che ciò che c'è tra me e Alice, qualsiasi cosa sia, debba rimanere tra di noi, non mi va di parlarne con altre persone.

Quando abbiamo parlato al telefono, ieri sera, ho avvertito tra noi un'intesa fortissima che deve rimanere solo nostra.

Comunque vadano le cose, avrò per sempre un bel ricordo di questa chiacchierata, perché parlare con lei è così piacevole che smetto di pensare al resto.

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