Capitolo 24

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Le carezze di Alice sono talmente dolci che riescono, anche se solo per un momento, a distrarmi e non farmi pensare a quel verme di Christian e a quello che le ha fatto.

Non riesco a credere che lui sia così stronzo: sapevo che non è esattamente la persona più gentile del mondo, ma non sapevo fosse così tanto stronzo.

«Non lo sopporto, non può passarla liscia, Ali!», insisto. Lei scuote la testa, incrociando le braccia sotto al petto e assumendo un'espressione severa che stona coi dolci lineamenti del suo viso.

Non l'avevo mai vista in questo modo, ma riesce a convincermi a lasciare perdere, nonostante la rabbia mi stia ancora consumando lentamente.

Forzo un sorriso per farle capire che sto meglio, ma sto mentendo, non sto affatto meglio.

Mi accomodo meglio sul divano, ma solo per permetterle di abbracciarmi come prima. Di solito non amo il contatto fisico, ma stare così vicino ad Alice mi fa impazzire, non mi sembra vero. Mi sento molto fortunato.

«Comunque sei davvero bello, lo sai?», dice all'improvviso. Sono così contento che lei non possa vedere quanto stia arrossendo in questo momento, sarebbe davvero imbarazzante.

La stringo più forte.

«Ah sì?», provo a mostrarmi sicuro di me, ma non ho idea di cosa dire e di cosa fare. La verità è che mi ha colto completamente di sorpresa: non sono abituato a ricevere complimenti.

Annuisce contro al mio petto. Vorrei stare così per sempre.

Quando alza lo sguardo verso di me, vorrei sprofondare dall'imbarazzo, come se fossi colpevole di chissà quale reato.

«Sì, l'ho pensato subito. Da quando il primo dicembre Leo mi ha detto che era anche il tuo compleanno. Mi hai colpita subito».

Cazzo, per essere una ragazza timida, Alice riesce a dire davvero tante cose che io non saprei dire. Oppure, è quel tipo di persona che quando prende confidenza riesce ad essere espansiva.

Sorrido, mi avvicino lentamente a lei, facendo diminuire la distanza tra i nostri volti, tra le nostre labbra.

A questo punto, anche lei arrossisce, sgrana gli occhi e trattiene il respiro.

«Anche tu mi sei piaciuta subito, da molto prima che tu mi conoscessi», le confesso in un sussurro. I suoi occhi sono fissi sulle mie labbra, poi li sposta nei miei occhi, confusa.

«Che intendi?».
«Hai capito bene. Mi piaci da molto prima di quel primo dicembre, mi sei piaciuta appena ti ho vista, due anni fa».

Alice è sempre più sconvolta, continua ad ascoltare in silenzio, ma lo leggo nei suoi occhi che non si aspettava niente di tutto ciò.

«Ricordo ogni dettaglio: era il 26 settembre, il secondo anno era appena cominciato. Stava diluviando, ma tu non avevi niente con cui ripararti. Mi sei sembrata buffa, quando cercavi disperatamente di usare una sciarpa per proteggerti dalla pioggia. Avrei voluto raggiungerti e aiutarti, avrei voluto condividere il mio ombrello con te, stare stretto a te come lo sono adesso. Ma sono rimasto fermo, in lontananza, a guardarti».

Nella mia mente è ancora vivida l'immagine di Alice di quindici anni, quella ragazza meravigliosa di cui non conoscevo neppure il nome. Sorrido ripensandoci, perché non riesco a fare a meno di pensare che si tratti di un segno del destino.

«Ho subito pensato che fossi bellissima, ma non ho mai avuto il coraggio di venire a parlare con te. Ho preso una cotta per te e sei diventata il centro dei miei pensieri, quando uscivo da scuola speravo di vederti, anche solo per cinque minuti. Mi bastava osservare il tuo sorriso meraviglioso da lontano e speravo che un giorno potessi riservare a me un sorriso del genere».

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