Capitolo 38

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«Non ce la faccio più!», grido in preda alla disperazione.
Sto studiando da quindici minuti e già sono stanco, ma devo impegnarmi seriamente se voglio passare l'anno.

Anche la seconda settimana di maggio sta volgendo al termine e io devo ancora recuperare tre insufficienze che mi porto avanti da mesi e che non mi sono mai preoccupato di prendere sul serio. Fino ad ora, almeno.

Fisso il libro sotto ai miei occhi. Vorrei bruciarlo.
«Non abbiamo niente da dirci, noi due», gli dico come se quelle stupide pagine potessero capirmi.

Ho sempre odiato studiare, ma mai come in questo momento.
Ogni anno finisce sempre allo stesso modo: mi riduco all'ultimo minuto per recuperare quello che avrei dovuto studiare in un anno.

Di solito Leo mi dà una mano, ma questa volta dovrò cavarmela da solo perché abbiamo smesso di parlarci già da una settimana.

Pensavo che quando Cristina se ne sarebbe andata dalla mia vita, tutto sarebbe andato per il meglio. Invece non è stato così: io e il mio migliore amico abbiamo smesso di parlare e la ragazza che amo non vuole nemmeno guardarmi.

Come faccio a concentrarmi sullo studio quando ci sono cose molto più importanti a cui pensare?

Non posso contare nemmeno sull'aiuto di Simone e Martino, sono le persone meno indicate per questo compito e non farebbero altro che distrarmi ancora di più.

Non mi resta che continuare a provarci da solo, posso solo sforzarmi di mantenere la concentrazione, ma so già che questo sarà un compito impossibile per me.

Non so quante volte mi distraggo aprendo Instagram per guardare le storie degli altri.
Qualsiasi cosa mi sembra più interessante di scienze in questo momento.

Mi soffermo sulla storia di Giulia, la migliore amica di Alice. È una foto che ritrae loro due mentre si abbracciano.

Un sorriso smagliante illumina il viso di Ali e la rende ancora più bella. Mi manca.

Ormai passo le giornate ad autocommiserarmi e ad evitare le parole di incoraggiamento di mia madre che vorrebbe solo vedermi fuori dalla mia stanza, una volta tanto.

Invece sono sempre qui a fingere di studiare e di ripetere senza concludere niente.

Guardo l'orologio. Sono le tre di notte.
Devo andare a dormire, sto morendo di sonno e mi dovrò svegliare tra pochissime ore.

Non sono ancora abituato a questo ritmo, ma non sono più capace ad andare a dormire a un orario decente.

Butto i libri a terra senza eleganza, mi tuffo sotto alle coperte e mi addormento in un attimo.

Quando mi sveglio il primo pensiero che mi attraversa la mente è solo uno: ma per quale motivo ho finto di studiare fino alle tre?

Mi maledico in tutte le lingue possibili, sto morendo di sonno ma devo andare a scuola per forza, tutto perché non sono in grado di organizzare un programma e di seguirlo come si deve.

Mi preparo alla velocità di un bradipo, i miei occhi rischiano di chiudersi sempre più spesso e capisco di non poter camminare fino a scuola in questo stato.

«Mamma, mi porti tu a scuola oggi? Ti prego», grido per farmi sentire dal piano di sotto.
«Ok, ma sbrigati».

Ok, un problema in meno.
Mi vesto coi primi vestiti che trovo nell'armadio e mi tuffo in bagno per lavare i denti e per sistemare i capelli.
Cinque minuti dopo sono già sulla soglia della porta della cucina, dove mia madre sorseggia il suo caffè.

Primo dicembre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora