Capitolo 33

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Per la prima volta da qualche settimana, finalmente mi sveglio di buonumore: mi alzo in perfetto orario, mi vesto tranquillamente e faccio tutto in tempo perché stranamente non sono in ritardo. Dopo essermi lavato i denti, esco di casa senza aver mangiato niente.

Cammino fino alla fermata dell'autobus davanti casa, aspetto solo qualche minuto e poi sono già alla ricerca di un posto dove sedermi.

Infilo le cuffiette nelle orecchie, guardando fuori dal finestrino e lasciandomi cullare dalle note della musica. Immagino quando anche io avrò in mano la chitarra e mi dedicherò alla mia musica, perché fortunatamente ho ritrovato il mio ritmo e suono di nuovo.

Sono trascorse appena ventiquattro ore da quando Cristina è andata via, eppure sto già meglio: la sua presenza era diventata un peso che stava gravando troppo su di me e, purtroppo, anche su mia madre che si è sempre impegnata per non farmi mancare nulla e per rendermi sempre felice.

A tal proposito, le ho chiesto scusa per le mie risposte scontrose quando ha provato solo ad aiutarmi e a mostrarmi come stavano le cose.
In fondo aveva ragione: io sono innamorato di Alice e glielo devo dire. Lo farò oggi, quando arriverò a scuola tra poco.

Il tempo trascorre dieci volte più lentamente rispetto al solito, sono agitato all'idea di vederla, anche se so di piacerle, me l'ha detto guardandomi negli occhi.

Scendo gli scalini dell'autobus con le gambe che tremano dall'emozione e col cuore in gola.
La cerco tra la folla, ma ci sono davvero tante persone qui in mezzo ed è difficile scovarla. Forse dovrei prendere il telefono e scriverle un messaggio per chiederle di vederci.

Sto per farlo, ma poi la vedo. Non riesco a non pensare che sia un evidente segno del destino.

Cammina a testa bassa, con le mani nascoste nelle tasche della sua giacca e l'espressione persa nel vuoto.
La raggiungo a grandi passi, sorpassando le persone che mi circondano e addirittura spingendole senza troppe cerimonie.

«Alice! Hey, Ali», richiamo la sua attenzione.
Alza gli occhi nella mia direzione per una frazione di secondo, ma poi torna a guardare per terra a e non considerarmi affatto.

Non dice niente, non ricambia il mio saluto e non smette nemmeno di camminare.
Le permetto di fare solo qualche altro passo, perché dopo pochi secondi sono già davanti a lei, ad impedirle di continuare a camminare.
Ma che le prende?

«Alice, tutto bene?».
«Certo che devi essere davvero stupido per chiedermi una cosa del genere dopo che sei stato con la tua ex tutti questi giorni».

Sgrano gli occhi dallo stupore. Avrei dovuto aspettarmi che questo segreto prima o poi mi avrebbe rovinato.

«C-cosa?», balbetto e mi metto solo in ridicolo. Ma davvero non riesco a formulare una frase di senso compiuto, non riesco a dirle nient'altro perché mi sta crollando il mondo addosso. È solo colpa mia.

«Oh, ma dai, Valerio!».
Non avevo mai sentito la sua voce arrabbiata e devo ammettere che è davvero spiacevole.

Cerco le parole giuste per spiegare come sono andate davvero le cose, ma ogni parola mi sembra banale e ho paura di sbagliare tutto ancora una volta. E poi, a dire la verità, come faccio a giustificarmi per qualcosa che ho effettivamente fatto? Non posso.

«Vuoi negare? Vuoi dirmi che c'è un altro motivo per cui sei sempre stato così distratto e assente? Vuoi dirmi che non è per questo che ogni volta che ti ho chiesto di vederci hai sempre detto di no?».
«No», mi limito a rispondere in un sussurro.

«Ora se permetti, vorrei andare in classe. Ho un compito e non ho tempo da perdere».
«Dai, aspetta un secondo».
La blocco per la terza volta, irritandola ancora di più. Chiude gli occhi e sospira profondamente, mentre le guance le si tingono di un leggero rosa adorabile.

Primo dicembre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora