«Comincia a vedersi il pancino». Mia madre è al settimo cielo. Ormai sono già passati tre mesi dall'inizio della gravidanza, ma manca ancora troppo tempo prima che io possa tenere in braccio il bambino, o la bambina.
Ancora non sappiamo il sesso: mamma e Lorenzo hanno deciso di aspettare la nascita.
Sono seduti sul divano, sfogliano le riviste per neo genitori e cercano tutto ciò che può essere utile per il prossimo arrivato.
Li osservo sorridendo, mentre sistemo nel mio zaino il necessario per andare a lavoro.
Non ho voglia di passare altro tempo chiuso in quel posto infernale, Barbara sta diventando sempre più irritante e non fa altro che ripetermi che devo impegnarmi di più, ma non so come altro potrei darle soddisfazioni dato che faccio sempre tutto quello che mi chiede col massimo impegno.
Direi che non sono mai stato così annoiato, ma mentirei perché sono di quest'umore ogni volta che devo andare a lavorare.
Forse è per questo che Barbara mi rimprovera continuamente: forse vorrebbe che io mostrassi ai clienti un sorriso smagliante quando si lamentano dei piatti che non ho cucinato io, ma come posso sorridere a qualcuno che vorrebbe lanciarmi la sua pasta addosso?
Mi accerto di aver preso tutto e guardo per l'ultima volta mia madre e Lorenzo. Li saluto velocemente ed esco di casa.
Il ristorante oggi sembra ancora più lontano rispetto al solito e questo non fa altro che incrementare il mio malumore.
Ogni passo che muovo è sempre più pesante, come se avessi una catena alle caviglie che mi impedisce di camminare normalmente.
La vista del ristorante non migliora questa sensazione, anzi, quando è davanti ai miei occhi il peso che fino ad ora ho percepito solo ai piedi, adesso si espande anche nel resto del corpo.
«Ciao, Valerio», mi saluta freddamente Barbara. La sua espressione, come al solito, è severa. Ricambio il suo saluto e mi impegno a mascherare tutto il disprezzo che non riesco proprio a reprimere.
«Devi apparecchiare tutti i tavoli della sala. Mi raccomando, sii preciso». Detto questo, sparisce oltre la porta del suo ufficio.
Mi chiedo cosa ci vada a fare sempre lì, lo sanno tutti che non si è mai occupata di gestire questo posto, perché dietro alle sue azioni c'è sempre stata sua madre. Lei non è altro che un burattino che è sempre stato manipolato e non ha mai fatto niente per opporsi a questo.
Nonostante io voglia solo lanciare a terra tutto il servizio dei piatti, mi appresto a fare quello che ha richiesto perché non voglio che mi rimproveri anche oggi.
Non so quanto tempo trascorre prima che arrivino i primi clienti, ma sembra passata una vita da quando sono entrato in questo posto in cui non ho fatto altro che girare come una trottola.
Mi chiudo in cucina, per riprendermi un attimo lontano dagli occhi di Barbara o di chiunque possa riferirgli che mi sono fermato per qualche minuto.
Devo assolutamente trovare un altro lavoro.Quando esco dalla cucina, però, capisco che il peggio non era ancora arrivato, fino ad ora.
Seduto a uno dei tanti tavoli, c'è Christian. È circondato da altri ragazzi che non conosco, ma che non hanno proprio l'aria di essere simpatici.
Uno di loro ha i piedi poggiati sul tavolo, come se niente fosse. Le sue braccia sono incrociate dietro alla testa e un'aria sbarazzina caratterizza i lineamenti del suo volto.
Quando passa una ragazza, senza troppe cerimonie la fissa in modo invadente, puntando gli occhi scuri sul suo fondoschiena.
Mi rendo conto che nessun mio collega è nelle vicinanze, quindi devo essere io a prendere gli ordini e questo non mi rende poi così contento, visto che ormai a causa sua avvicinarmi ad Alice è del tutto fuori discussione.
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Primo dicembre
ChickLitValerio è insicuro: a causa del suo passato doloroso, ha la costante paura di essere abbandonato e di restare solo. Ogni giorno è costretto a fare i conti con le innumerevoli delusioni che ha ricevuto per tutta la vita, quelle che lo hanno portato a...