Capitolo 12

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Alice è a pochi metri da me: sta parlando con Christian e sta sorridendo. Devo evitare di guardarla per troppo tempo, sia perché non voglio sembrare un maniaco che la pedina, sia perché mi dà fastidio vederla così vicina a lui.

Pensavo che a Capodanno le avesse dato fastidio quel suo sguardo insistente, e infatti me lo aveva confermato lei sé stessa. A quanto pare però ora è tutto risolto e, se a lei non crea problemi, allora va bene così.

Resta il fatto che quando Christian è vicino a lei ha un sorriso così ampio che mi stupisce che lei non si sia accorta della cotta spaventosa che haa. Oppure, se lo sa, è davvero brava a fare finta di niente.

Leonardo li guarda insieme a me ma, a differenza mia, pare soddisfatto.

«Sarebbero così carini insieme. Perché Alice non apre gli occhi?», pensa Leo ad alta voce, non curante del fatto che posso sentirlo.
«Quando mi spiegherai perché per te è così importante?».

Mi guarda male per qualche secondo, poi sposta di nuovo lo sguardo sulla "coppia felice e innamorata", o almeno, questo è ciò che dice lui. In realtà non stanno insieme, credo che non lo sopporterei.

Ormai sono passate un paio di settimane da quando mi sono avvicinato e poi subito allontanato da lei, e in questo tempo mi sono accorto di starmi pian piano discostando sempre di più dalla mia vecchia relazione con Cristina e da tutto ciò che la riguarda.

Forse la sto superando. Questo mi porta a riflettere ulteriormente sulla mia scelta di sparire improvvisamente senza dire niente, ho fatto la scelta giusta?

Anche se cerco di convincermi che non potevo fare altrimenti, vederla con un altro ragazzo è davvero fastidioso e questo mette a dura prova la mia convinzione.

La mattinata è cominciata nei peggiori dei modi, non vedo l'ora che questa giornata scolastica volga al termine perché, nonostante io non sia neppure entrato a scuola, sono già stremato.

In prima ora ho il compito di biologia e sono tranquillo perché conto di riuscire a copiare dalle foto degli appunti di Leonardo.

L'ultima volta ha funzionato e mi sono guadagnato uno straordinario 8+ e ho intenzione di replicare. Mi concentro su quale tecnica usare per non farmi beccare dal professore, così almeno posso anche distrarmi dalla tremenda scena di Alice che sorride all'amico di Leonardo.

Non so se sia meglio infilare il telefono nell'astuccio, oppure nella tasca dei pantaloni. Credo che quest'ultima opzione sia migliore, perché se ci facesse togliere tutto dal banco e ci facesse restare con solo un foglio e una penna sarebbe la fine.

Per fortuna oggi ho indossato dei pantaloni comodissimi che hanno delle tasche piuttosto profonde, abbastanza da non essere affatto sospette.

Entrando in classe, Leonardo ripete a voce alta tutto ciò che avrei dovuto studiare anche io, ma che ovviamente non ho fatto perché sono troppo pigro.

Per fortuna ho lo straordinario dono di memorizzare ciò che mi dicono in poco tempo, quindi riesco a trattenere e ad assimilare qualche informazione e questo mi fa guadagnare qualche punto onesto al compito in classe. O almeno, mi fa rispondere correttamente a tre domande, per quanto riguarda le altre trentasette, temo di dover impegnarmi a cercare le risposte tra le mille foto degli appunti del mio migliore amico.

Sto ben attento a non farmi scoprire e rischio di fallire nell'impresa innumerevoli volte. Ma io non sono un principiante, so quello che faccio e conosco tutti i rischi e col tempo sono diventato abile.

Alla fine, consegno il compito in perfetto orario, sicuro di quello che ho fatto.

So che è sbagliato, ma io non studio perché non mi interessa nulla di ciò che ha a che fare con la scuola. Investo il mio tempo diversamente: suono la chitarra.

Probabilmente le mie ambizioni sono troppo grandi, ma spero che un giorno riuscirò a diventare un cantante famoso, è ciò che desidero più di qualsiasi altra cosa.

Ho paura di non metterci abbastanza impegno, di rinunciare troppo in fretta per il timore di non essere abbastanza, timore che comunque è più che comprensibile, secondo me.

Mentre fantastico su quanto sarà bello riprendere in mano la chitarra oggi pomeriggio, la campanella suona e segna la fine della lezione.

Quanto odio questo rumore: testimonia il fatto che le mie giornate sono tutte uguali. Mi alzo, mi vesto e vado a scuola, dove resto per sei ore a non fare niente, costretto a restare seduto e a non parlare.

Per fortuna la ricreazione non è così lontana, potrò fumare una sigaretta in giardino in pace.
O almeno, questo è quello che spero.

Infatti, quando inizia l'intervallo ed esco dalla classe senza nemmeno salutare l'insegnante, sono seguito da Asia, che deve aver capito cosa ho intenzione di fare.

Roteo gli occhi e spero di essermi sbagliato, spero che stia solo andando nella mia stessa direzione e che si trova dietro di me per puro caso, ma ovviamente non è così. Mi raggiunge in un attimo e, toccandomi le spalle, mi chiede: «Dove vai? Volevo parlarti di una cosa».

Vorrei poter fingere di non averla sentita, ma non sarebbe credibile. Sono costretto ad annuire, perché non riesco a rifiutare e a dirle che non ho voglia di parlare con lei, né ora, né mai.

«Volevo chiederti se avessi degli appunti dell'ultima lezione di fisica», dice, quando arriviamo sotto l'albero del giardino.

Infilo le mani in tasca, in cerca del pacchetto delle sigarette. Osservo i suoi occhi azzurri luccicare per il freddo, il suo naso rosso e i capelli biondi sempre perfetti.

Non ci credo che lei mi sta davvero ponendo una domanda del genere: sa benissimo che io non sono mai attento. Durante le lezioni, in particolar modo quelle di fisica, sono steso sul banco a guardare il telefono, o a scarabocchiare. E, inoltre, lei è sempre l'unica ad ascoltare quello che dice e a scriversi tutto nel suo quaderno.

Vorrei dirle di inventare una scusa migliore, ma non ci riesco. Le dico solo che non ho niente che possa esserle utile ma, come immaginavo, lei insiste.

Non sono stupido, so che sta solo cercando un pretesto per parlarmi, un pretesto che, tra l'altro, non è nemmeno credibile.

Mi segue, come se fosse un bambino che cammina dietro alla sua mamma, non sembra intenzionata a rinunciare, nonostante io le abbia detto quello che voleva sentire.

«Asia, cosa c'è?».
Continua ad approfittarsi della mia pazienza, ma anche questa ha un limite che fino ad ora non ho mai varcato. Spero che non accada proprio oggi, proprio ora.
«Mi stavo chiedendo se ti andasse di uscire con me, una volta», domanda con un tono così pacato che stento a riconoscerla.

Lei non parla in questo modo, affatto. Cerca sempre di attirare l'attenzione, di mettersi in mostra e molte volte per questo si è resa ridicola, secondo me.

Resto sorpreso dalla serietà con cui mi chiede di uscire, senza suppliche o lamentele. Sembra una persona normale.

Questo rende le cose difficili, perché se fosse stata la solita Asia fastidiosa e insistente non mi sarei fatto problemi a declinare gentilmente l'offerta. Ma la persona davanti a me non è la stessa che mi ha tormentato per anni e non so come dirle che, anche se sembra essere normale, non ho nessuna intenzione di stare con lei per più tempo del dovuto.

Aspiro il fumo e poi lo rilascio.
Odio essere così buono e non riuscire mai a dire di no. Odio il senso di colpa che mi investe ogni volta che non posso fare ciò che mi chiedono. Odio essere così.

«Sono fidanzato», rispondo.
«So che vi siete lasciati, Vale. Per favore, dammi un'occasione».

Asia sembra sincera, ma io non mi fido di lei. Per tutti questi anni non ha fatto altro che starmi addosso e cercare di attirare la mia attenzione, sminuendo Cristina e la nostra relazione.
Se la persona che ha dimostrato di essere fosse solo una maschera che nasconde una ragazza meravigliosa, io non vorrei comunque conoscerla perché ho odiato come si è comportata con me e non ha mai chiesto scusa per questo.

Ma ora lei è qui davanti a me, nell'attesa di una risposta che non riesco a darle.

«Asia, io non me la sento. È passato poco tempo», provo a dire, ma so che non sembro convinto.
«Solo una volta», insiste.

Vedo Leo da lontano: ridacchia e mi saluta con la mano. Stronzo.
«Una».

Sono sicuro che me ne pentirò.

Primo dicembre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora