Capitolo 5

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Quest'anno ci sono pochi regali sotto l'albero di Natale, ma nonostante questo non vedo l'ora di scartare il mio. Crescendo, sono cambiate tante cose, ma la gioia che mi trasmette questa festa è sempre la stessa.

I ragazzi della mia età col passare degli anni perdono l'interesse, non avvertono più quella magia fantastica che solo il Natale porta con sé. Ma in casa mia, è impossibile non respirarla.

Quando entro in cucina, mia madre è alle prese coi fornelli: sta cucinando due teglie di lasagne, come da tradizione. Amo i piatti che cucina mia madre, sono deliziosi.

«Vale, buon Natale!», mi saluta mia madre, appena mi vede. Sfoggia un sorriso raggiante che la rende ancora più bella. Si sistema il suo maglioncino rosso e il cappellino da Babbo Natale sulla testa e, dopo aver ricambiato i suoi auguri, le chiedo se posso esserle utile in qualche modo.

Tuttavia, vengo interrotto dal rumore del campanello. Corro ad aprire la porta e i miei nonni sono pronti ad abbracciarmi.

«Piccolo Valerio, ormai sei cresciuto», esclama mia nonna, con gli occhi lucidi. Nonna è una donna molto particolare: sebbene sia sempre stata molto dolce con me, con mamma si comporta in modo ambiguo.

Ricordo che, quando ero piccolo, appena dopo l'uscita dalla mia vita di mio padre, io e mia madre siamo andati a vivere dai nonni.

La convivenza non è mai stata facile: ogni giorno mi ritrovavo chiuso in camera a piangere, seduto contro la porta e con le mani a coprire le orecchie, per non sentire le urla terribili provenienti dal piano di sotto.

La situazione era diventata ingestibile: litigavano per ogni sciocchezza, al punto che cercavo di passare meno tempo possibile a casa.

Quando tornavo da scuola, percorrevo sempre la strada più lunga per impiegare più tempo, nonostante fosse scomoda e mi mettesse paura, soprattutto quando c'erano tante macchine.

Però, in una calda notte d'agosto, mia madre è corsa nella mia stanza e mi ha svegliato, dicendo che dovevamo scappare via con alcuni borsoni molto pesanti, per iniziare una nuova vita, una vita migliore in cui saremmo stati solo io e lei.

Ero felice, mi bastava stare con mia madre e stare lontano da quelle urla insopportabili che, non di rado, si protraevano fino a notte fonda. Ma un po' mi dispiaceva allontanarmi da quel posto perché la consideravo la mia casa, a differenza di quella in cui vivevo con mio padre e quella in cui vivo adesso.

Da quella notte incontro i nonni poche volte all'anno ma, quando succede, mi riempiono di dolci e di regali. Oggi infatti mi danno una piccola busta rossa e due pacchetti dello stesso colore, che mi precipito a sistemare sotto l'albero insieme agli altri doni che non vedo l'ora di scoprire.

«Venite dai, entrate dentro». Li faccio accomodare nel salone, dove il tavolo è perfettamente apparecchiato. Si levano le giacche e le posano sull'appendiabiti, poi si guardano intorno.

«Valerio, raccontaci qualcosa, è così tanto che non ci vediamo! Come va a scuola? E con la ragazza?». Inconsapevole di aver toccato un tasto dolente, mia nonna sorride in attesa di una risposta, così mi affretto ad indossare un sorriso falso e a darle le risposte che vuole sentire.

Mia madre mi lancia un'occhiata fugace, conscia del fatto che in realtà sto soffrendo come non avevo mai fatto prima: in queste settimane la sua vicinanza mi è stata di grande aiuto, mi ha ascoltato e mi ha consolato quando mi lasciavo sopraffare dalla tristezza e dai ricordi.

Mi è rimasta accanto per tutto il tempo e io gliene sono eternamente grato, so che è la persona su cui potrò sempre contare e che non mi abbandonerà mai.

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