39. [Ho fatto la tua preferita]

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- Ciao, Ian. Vieni, siediti. C'è Mickey fuori?

Ian annuì e si sedette nel solito posto. Anche se era già entrato in quello studio altre due volte, lo osservò di nuovo come se non l'avesse mai visto. Era freddo, con le pareti color beige -una tristezza- e due poltrone nere, eppure allo stesso tempo accogliente.
Ancora non aveva deciso se la donna che lo osservava da dietro la scrivania gli stava simpatica oppure no.
Per ora era l'unica in grado di avergli dato una motivazione per tornare anche la volta successiva.
Nell'ultimo anno Ian aveva conosciuto decine di psicologi, medici e psichiatri e nessuno era stato in grado di fargli pensare "ok, ci sto", ma quando era entrato nell'ultimo studio aveva immediatamente capito che con questa la storia starebbe stata diversa.
La prima cosa che la signora Pierce gli aveva detto era stata "ti prego, chiamami Annie, ho trent'anni e non voglio affatto sentirmi superiore a te. Infondo io e te dovremmo chiacchierare per un bel po' giusto?" E con queste parole Ian non si era sentito un paziente sotto interrogatorio, ma una persona come tutti.
Annie aveva quindi iniziato con piccoli passi, senza parlare subito di cose come disturbo bipolare e Monica - come invece avevano fatto tutti gli altri - e Ian si era convinto che forse tornare una seconda volta non era poi tanto male e nel giro di due settimane erano riusciti a programmare un percorso insieme.
A questo punto, dopo quattro sedute, la psicologa aveva compreso a grandi linee le dinamiche relazionali di Ian con i suoi fratelli e con Mickey, che aveva più volte visto nella sala d'attesa.
La routine era di solito sempre la stessa: Ian si sedeva e iniziava a parlare di cose semplici, di pura quotidianità. La donna si limitava ad ascoltare, senza fare le solite domande come "e come ti senti al riguardo". L'obbiettivo era quello di rende consapevole Ian di quello che stava vivendo da un anno a questa parte, senza forzarlo o costringerlo a tirare fuori cose troppo stressanti.
Principalmente Ian parlava di Mickey - viveva a casa Milkovich da quando Fiona aveva realizzato che non era più necessario costringerlo a prendere le pillole - del suo lavoro al Patsy's Pie e di tutte le cose che lo facevano riflettere.
Alla fine di ogni appuntamento Ian apriva la porta dello studio con un po' di consapevolezza in più. Mickey era sempre lì ad aspettarlo.

- Hey.
- Hey.
- Novità?
- Nah, tutto ok.
- Mi ha chiamato il capo. Ho il turno di notte.
- Ok, stasera la passerò con Mandy allora, come ai vecchi tempi!

Mickey fece una smorfia fingendo noncuranza, ma sapevano entrambi che avrebbe preferito mille volte guardare un film cazzuto alla tv piuttosto che restare fuori per tutta la notte.

La serata passò tranquillamente: Mandy aggiornò Ian sui suoi ultimi fallimenti amorosi e sulle persone che aveva conosciuto al lavoro, quindi guardarono una maratona di American Horror Story, il loro telefilm preferito in assoluto - Mickey non li sopportava quando erano in modalità "amo tutto di Evan Peters" - che finì relativamente presto, perchè le pillole che prendeva Ian era delle bombe che lo facevano sentire costantemente stanco.

Mandy era già sveglia alle sette e venti del mattino, quando Mickey tornò a casa.

- Già in piedi?
- Si, Ian era stanco ieri, siamo andati a dormire presto.
- Bene, vuol dire che oggi si sveglierà prima..
- Spero..
- Perchè dici così?
- Non so Mick, ieri l'ho visto... Troppo stanco.
- Cazzo dici?
- Niente, non dico proprio niente.
- Pensi che stia per avere un'altra crisi? Con tutte le cazzo di pillole che prende, non può essere, porca puttana!
- Non ti agitare. Aspetta che si svegli prima di saltare a conclusioni.
- Siamo appena tornati dalla cazzo di visita dallo psicologo, aveva detto che andava tutto bene..

Mickey aveva un'aria sconfitta. Stava davvero facendo tutto quanto in suo potere per evitare ricadute, ma aveva paura che non fosse abbastanza.
Mandy si avvicinò a lui per passargli goffamente una mano sulla spalla, nel tentativo di fargli capire che non era da solo:

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