15.

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Casa Milkovich.
Ian e Mickey si stavano preparando per uscire. Il primo era in salotto, alle prese con i lacci della felpa che si erano intorcolati dentro al cappuccio, mentre il secondo era in bagno, con gel nelle mani e una camicia hawaiana un po' troppo larga.
Avevano deciso che queste uscite non dovevano essere chiamate in nessun modo, se non lo volevano.
Per Mickey la parola "appuntamento" era ancora un tasto dolente e Ian non voleva farlo innervosire più di quanto non lo fosse già.
Quindi per ora queste - ed era già la terza in due mesi - erano solo uscite a caso, in un locale a caso, per fare conversazioni a caso.
Entrambi avevano deciso che queste serate non erano dedicate a bere e ubriacarsi, ma semplicemente a chiacchierare tra di loro.
Si erano creati un linguaggio tutto loro per questo, ovviamente perchè Mickey voleva sempre mettere le cose in chiaro: se lui diceva "questa sera usciamo" significava "questo è un appuntamento, ma non chiedermi di dirlo", mentre se invece diceva "andiamo da Kev" significava semplicemente "questa sera beviamo di brutto".

La cosa che aveva colpito Ian era che quella mattina era stato proprio Mickey a proporre di uscire la sera stessa.
Si era appoggiato allo stipite della porta, sorseggiando rumorosamente il suo caffè, dopo avergli dato l'altra tazza, e gli aveva chiesto se aveva voglia di uscire. Immaginatevi la faccia di Ian quando, ancora mezzo addormentato, sentì quelle parole uscire dalla bocca del suo ragazzo.
Inutile dire che fece uno dei suoi sorrisi sghembi, che fecero capire a Mickey senza molte altre parole, che era fin troppo eccitato dall'idea.
- Hey, hey, calmo. Già vedo mille idee passarti per la testa. Andiamo a mangiare un panino e ci facciamo una birra. Niente smancerie Ian.
- Certo, lo so. E mi fa benissimo così - rispose, senza riuscire a smettere di sorridere.

Ian lo sapeva, quel poco che riusciva a strappare fuori da Mickey era in grado di cambiarli la giornata. Un carezza prima di andare a dormire, un bacio dopo il "buongiorno", erano azioni che Mickey su permetteva molto raramente di fare, ma quando le faceva Ian poteva sentire quella scossa di piacere percorrergli tutto il corpo.

Mickey era ancora in bagno e stava borbottando qualcosa di incomprensibile.
"Probabilmente insulti e imprecazioni" pensò Ian, che invece era già pronto e osservava distrattamente l'orologio.. Ogni due minuti.
Svetlana uscì dalla camera dove stava dormendo con Yev e assonnata osservò Ian

- Uscite?

Il ragazzo annuì con un sorrisetto compiaciuto.

- Buono per voi. Così io sono in pace, una volta almeno!
- Ti ho comprato il cibo, è sul tavolo.
- Pel di carota sa i miei gusti?
- Involtini primavera e ravioli al vapore. Non sapevo se c'era anche Nika quindi ho preso tutto doppio.
- Molto gentile. Bella felpa - gli disse, sincera - Non posso dire di camicia però - continuò, indicando la porta del bagno e poi alzando il tono della voce - Troppo grande per piccolo Mickey!

Ian sogghignò cercando di non farsi sentire. Svetlana sapeva sempre come tenere in pugno Mickey o prendersi gioco di lui e la cosa era molto divertente da vedere.
I due continuarono a scherzare sulla camicia e tutte le altre maglie con le maniche troppo lunghe finché lui non uscì dal bagno, urlandogli che erano degli stronzi, si strappò la camicia di dosso e si chiuse in camera, sbattendo la porta.
Svetlana alzò gli occhi al cielo:

- Due ore per addormentare Yev e mezzo secondo per svegliarlo. Mickey... - e iniziò a parlare in russo mentre andava a prendere suo figlio e lo portava nella camera di Mandy.
Dalla camera si sentivano altri insulti e minacce persino, quindi Ian decise di entrare a dare un'occhiata, ma la porta era chiusa a chiave.

- Ti sei chiuso dentro?
- Questa sera non usciamo più.

Non stava scherzando. Ian si pentì immediatamente di aver sghignazzato con Svet.

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