29. [Ti accompagno a casa]

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Ian e Mickey avevano litigato.
Di solito le loro litigate prevedevano urla, insulti, qualche pugno gratuito e sesso riparatore.
Molto, molto sesso riparatore.
Ma quella volta avevano litigato per qualcosa che il sesso non poteva risolvere.
Ian era entrato in casa, aveva buttato il giubbotto sul divano e senza nemmeno salutarlo, aveva detto a Mickey che si era trovato un lavoro. Il ragazzo lo aveva adocchiato e dal suo modo di fare aveva già capito che non gli sarebbe piaciuto affatto quello che gli stava per dire.

- Che tipo di lavoro?
- Al club.
- Al club? Quello dove ti facevi chiamare Curtis e ti riempivano di droga!?
- Si, quello.
- Tu non ci vai a lavorare lì, Ian.
- Io ci vado invece.
- Sei sotto pillole, ma ti rendi conto?
- Mi rendo benissimo conto. Non mi farò impasticcare dai clienti questa volta.
- Non esiste cazzo.
- Senti Mickey, davvero. Sono maggiorenne, sono maturo abbastanza.
- A quanto pare non abbastanza per non fare sempre gli stessi errori di merda.
- Questa volta sarà diverso, Mick.
- Sarà diverso proprio per il cazzo Ian. Non posso crederci, porca puttana.
- Mi pagano bene, molto bene! Più di quanto mi da Sean per pulire piatti sporchi!
- Almeno lì i clienti non ti chiamano Curtis e non pretendono favori sessuali da te!
- Mickey non ti tradirò, giuro.
- Spiegami perchè vuoi andare a lavorare di nuovo lì allora!
- Te l'ho detto. Mi pagano molto bene. Per ballare!
- Per fare lo spogliarellista del cazzo.
- Sei solo geloso Mickey.
- Vaffanculo, non sono geloso. Sei un cazzo di diciottenne sotto farmaci e vai in quel buco del cazzo a prendere pillole e succhiare uccelli.
- È così che mi vedi quindi?
- Se vai a lavorare là dentro sì.
- Allora preparati a non vedermi più tanto spesso.

Detto questo, Ian prese il giubbotto, lo infilò velocemente e senza dire più una parola uscì dalla casa sbattendo la porta e lasciando Mickey incredulo, perplesso e tormentato.
Non avevano alzato la voce, non si erano picchiati. La conversazione era rimasta in toni normali, ed era proprio questo che lo spaventava.
Loro non avevano litigate normali. E non avevano un modo normale di risolverle.
Ian se n'era andato credendo che Mickey lo vedesse come una persona troppo istintiva, che prendeva scelte irrazionali e che non era in grado di comprendere quanto fossero sbagliate.
Ovviamente non era quello che Mickey pensava, ma non aveva avuto il tempo di dirglielo, che voleva solo il suo bene, e aveva lasciato che Ian se ne andasse così, con quelle parole pesanti.

"Preparati a non vedermi più tanto spesso" continuava a ripetersele nella mente.

D'altra parte Mickey non aveva alcuna intenzione di rincorrerlo come un cagnolino per riportarlo a casa.
I Milkovich erano orgogliosi, non si sarebbero mai messi in una posizione da "io ho bisogno di te", anche se in realtà era davvero così.

I due ragazzi non si parlarono per due settimane. Nessuna chiamata, nessun messaggio, niente di niente.
Ian era sicuro di quello che stava facendo, lo faceva per una buona causa, i soldi.
Fiona e i suoi fratelli contavano anche su di lui per mandare avanti quella casa sgangherata.
E questa volta era sicuro anche che non si sarebbe fatto fregare di nuovo.
Era pulito ed era sotto antidepressivi, sapeva bene quali erano le sue responsabilità. Non avrebbe fatto le cagate di quell'inverno, perchè adesso aveva capito come comportarsi e come reagire di fronte a tutti i cambiamenti di se stesso.
L'unica cosa che veramente lo infastidiva era vedere Mickey che non gli dava fiducia.
Poteva capirlo, dopo tutto quello che era successo prima di sapere ufficialmente che era bipolare e prima di iniziare a prendere le pillole, ma sperava che dopo tutti questi mesi in cui era stato in grado di controllarsi e gestirsi, Mickey potesse in qualche modo fidarsi di nuovo di lui.
Era sincero quando diceva che non lo avrebbe mai tradito, non avrebbe mai preso droghe e non sarebbe stato nessun altro che Ian Gallagher dentro a quel locale.
Lui sentiva di non dover chiedere scusa, perchè per una volta non si sentiva in colpa di aver preso una scelta che secondo lui era giusta, quindi decise che la cosa migliore era andare a lavorare e aspettare che Mickey si facesse vivo.
E così fece e per quelle due settimane andò a lavorare, rispettando tutto ciò che aveva detto e non ricevendo un singolo messaggio da Mickey, che stava passando quelle due settimane in modo miserabile, controllando ogni due secondi se gli aveva scritto o se lo aveva chiamato.

Da quando Ian era diventato così importante per lui?

Certo, era fottutamente geloso e non sopportava che si mettesse a ballare per vecchi schifosi e pervertiti di qualunque genere, ma era soprattutto preoccupato per lui. Voleva solo che stesse bene e che non finisse in qualche altro casino.
Ma era ancora troppo orgoglioso per andare da lui e tentare di spiegarglielo.
Anche Mandy aveva capito che qualcosa non andava, ma non era riuscita a cavargli niente di bocca. Sapeva solo che entrambi stavano male, ma non erano in grado di comunicare. Non li aveva mai visti così. Soli e con il disperato bisogno di essere vicini.

- Mick, devi fare qualcosa - gli aveva detto un sabato sera.
- Cazzo dici?
- Non puoi startene così per sempre. Alza il culo e vai da lui.
- Non ci metto più piede lì dentro io. Che faccia quel cazzo che vuole.
- Ti stai rodendo il culo per lasciarlo fare quello che vuole.
- Fanculo Mandy.
- Senti, idiota. Io sono sicura che lui non sta facendo altro che il suo lavoro. Io mi fido di lui, dovresti farlo anche tu.
- Non è questo il punto.
- Allora vai da lui, dimostragli che ti fidi. E che hai capito.

Quindi Mickey, dopo un'esitazione lunga due settimane decise che sì, poteva andarlo a trovare al club e vedere che cazzo stava combinando in quel buco di posto.
E poi lo sapeva benissimo, un'altra settimana senza Ian e sarebbe impazzito.

Decise che era meglio non farsi vedere, quindi rimase seduto in un angolo, guardando il suo ragazzo da lontano.
Ian per tutta la sera non fece altro che ballare, salire e scendere dal cubo, bere acqua naturale e allontanare le manacce dei clienti che pretendevano troppo.
Quella sera Mickey imparò una lezione importante: Ian era cambiato, Ian meritava fiducia. E lui decise di mettersi di nuovo in gioco e dargliela tutta quanta.
Rimase al locale fino alla chiusura, quindi aspettò all'uscita sul retro che Ian si facesse la doccia e si cambiasse.

- Hey. - disse, quando lo vide, facendolo sobbalzare .
- Mickey?! Che ci fai qui?
- Sono qui da inizio serata. Voglio dire, sono entrato.
- Perchè non mi hai cercato?
- Dovevo prima dimostrare qualcosa a me stesso.
- Che non hai intenzione di accettare questa cosa?
- No, che invece posso accettarla.
- Davvero? - Il peso che Ian si portava dentro finalmente si sciolse lasciandolo con gli occhi lucidi. Sentire che il legame che aveva con Mickey non si era spezzato lo aveva lasciato sopraffatto e terribilmente... Felice.
Mickey era l'unica persona con cui riusciva a condividere qualunque cosa, non poteva permettersi di perderlo, come suo amico e come suo ragazzo. Quindi sentire che finalmente aveva riottenuto la sua fiducia era una cosa che lo aveva commosso e fatto sentire di nuovo intero.

- Vieni qua, Ian - disse l'altro abbracciandolo e annullando quella dolorosa mancanza fisica di due settimane - Hai qualcosa da fare?
- No... Vado a casa.
- Allora ti accompagno a casa.

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