17.

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L'orologio segnava le 2.07 am.
Ian e Mickey stavano dormendo, il primo a pancia in su, occupando tutto il posto possibile, mentre il secondo era accoccolato di fianco a lui, con un braccio disteso sul suo petto. Da quando avevano scoperto casualmente quella posizione, era diventata la loro preferita.
Mickey non l'avrebbe mai ammesso, ma spesso sperava che Ian si addormentasse così, in modo che dopo lui avrebbe potuto sistemarsi al suo fianco e respirare il profumo della sua pelle.
Ian d'altro canto sapeva benissimo che il moro amava addormentasi in quel modo e faceva di tutto per accontentarlo.
Percepiva il suo sorriso quando si addormentava di fianco a lui, percepiva il suo corpo rilassarsi e distendersi sul suo. Era una sensazione bellissima, si sentiva protetto.

I ragazzi stavano dormendo tranquilli quando all'improvviso vennero infastiditi da un leggero lamento, che aumentava di intensità con il passare dei minuti.
Ian si svegliò lentamente, realizzando solo dopo alcuni secondi cos'era quel suono: Yev stava piangendo disperato.
Il ragazzo allora prese la felpa - era inverno, faceva un freddo assurdo e sapeva già come sarebbe andata a finire la notte: Ian avrebbe cullato il bambino fino a quando non si sarebbe riaddormentato, il che poteva succedere in dieci minuti o quattro ore.
Si alzò strascicando i piedi e facendo attenzione a non svegliare Mickey, che per una volta tanto era riuscito ad addormentarsi senza risvegliarsi ogni due minuti.
Socchiuse la porta della loro camera ed entrò in quella in parte. Era la vecchia camera di Mandy, ma da quando lei si era trasferita con quel imbecille - Cristo, non si ricordava nemmeno il suo nome - era diventata la stanza di Yevgeny e Svetlana.
Tra di loro si era creato il giusto compromesso: Ian e Mickey vivevano insieme ormai da due anni, il piccolo aveva già 3 anni compiuti e Svetlana alternava il lavoro come donna delle pulizie a quello decisamente meno legale sopra l'Alibi. In questo modo poteva dare ai ragazzi parte del suo stipendio a patto che loro si occupassero di Yev non solo quando lei doveva lavorare, ma anche quando usciva con Nika o "con tutti quelli che vogliono divertirsi con me", come gli aveva detto.
I due ragazzi avevano accettato, non solo per i soldi, ma anche perchè Mickey doveva iniziare a responsabilizzarsi. Per quanto quel bambino fosse frutto di tutta una serie di coincidenze fottutamente sbagliate, era suo figlio e lui doveva iniziare a comportarsi come padre.
A essere sinceri, l'unica persona che era stata in grado di fargli capire come andavano fatte le cose era stato Ian.
Una sera, mentre si riposavano dopo aver passato ore l'uno sopra l'altro, Ian gli disse che doveva fare il padre. Mickey gli aveva risposto che non era un padre e che probabilmente quello non era nemmeno suo figlio.
Ian si era rabbuiato per un po', poi era andato da Svetlana ed era tornato indietro con il piccolo Yev in braccio.
Lo avvicinò a Mickey e gli disse:

- Mick, questo è tuo figlio. Guarda i suoi occhi. Ora guardami negli occhi e dimmi che non lo ami. Dimmi che lo lascerai crescere come ha fatto Terry con voi.

Mickey non rispose niente, me fece un sorriso al bambino; e tanto era bastato per fargli capire che suo figlio sarebbe cresciuto con delle persone che lo amavamo davvero.

Inutile dire che Ian amava quel bambino incondizionatamente. Dopo le iniziali incomprensioni, i rapporti ghiacciati tra lui e Svetlana erano migliorati con il passare del tempo, fino a quando lei aveva ricominciato a fidarsi di lui.
Ian aveva la capacità di prendersi cura di Yev in modi che i Milkovich non avrebbero mai imparato. Lui era cresciuto in una famiglia dove i fratelli più piccoli avevano la priorità assoluta. Era cresciuto con il modello di Fiona ed era spontaneo comportarsi allo stesso modo con figlio del ragazzo che amava. Per lui avrebbe fatto qualunque cosa. E lo sapeva benissimo che anche Mickey amava quel bambino, solo che aveva qualche problema ad ammetterlo, persino a se stesso.

In ogni caso adesso Ian era seduto nel letto di Mandy, con Yev in braccio, ma quella notte non c'era verso di calmarlo.
Non aveva bisogno di essere cambiato, non aveva fame. Semplicemente piangeva e piangeva e piangeva.

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