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Non che fosse passato molto tempo da quando eravamo usciti: eravamo stati fuori giovedì sera, il giorno dell'incontro, ed era soltanto lunedì. Ma avevo così tanta energia negli ultimi due giorni, che Zayn mi aveva promesso che se mi fossi fatto una doccia, mi fossi preparato, mi avrebbe portato fuori a cena. Eravamo nella mia città, in attesa di portare con noi Yaser non appena la ragazza avesse partorito.

Mi cinse con le sue braccia e mi sfiorò il collo con le labbra. Io quasi gemetti sentendo il piacere che mi scosse tutto il corpo. «Sei bellissimo».

«Neanche tu stai così male», dissi a corto di fiato ricordando il nostro primo appuntamento, e sentii la sua risata nell'incavo della gola.

«Sei pronto per andare? Perché se non partiamo presto, non sono sicuro che ce la faremo a uscire».

«Zayn!». Uscii dalla doccia e mi avvolsi in un asciugamano. Controllo il cellulare e «Zayn!».

In meno di un secondo, comparve Zayn sulla porta. «Che succede? Aveva gli occhi sbarrati, in preda al panico. «Stai bene?».

Io risi e annuii. «Sta per partorite, le si sono rotte le acque!».

«Dici davvero?». Rimase un attimo immobile e poi fece un gran sorriso. Si avvicinò per baciarmi finché non sentii cedermi le ginocchia. Quando si staccò, mi prese il viso tra le mani e sorrise.

«Quindi sta per arrivare?»

«Credo di sì. Sei pronto?».

Zayn sussultò. «Ehi, dobbiamo andare! Significa che dobbiamo andare!».

Si voltò e si precipitò in camera da letto. Mentre mi asciugavo, lo sentivo parlare al telefono con la mia famiglia o la sua. Mi sentivo stranamente calmo mentre mi mettevo la camicia blu scuro e cercavo un paio di pantaloni da tuta.

Zayn si precipitò fuori dalla stanza. Sentii la porta d'ingresso aprirsi, chiudersi, aprirsi e richiudersi prima che lui tornasse correndo da me. Io ero seduto sul letto e sorridevo.

«Louis, dobbiamo andare. Dài, tesoro. C'è qualcos'altro che ci può servire?»

«Il caricabatteria del telefono». Lo guardai mentre strappava via dalla parete entrambi i nostri caricabatteria.

«Gli auricolari. E mi passi una delle tue felpe?».

«Che altro?»

«Voglio che tu mi baci, poi ti calmi e ci porti in ospedale da lei».

Sorrisi contro le sue avide labbra mentre mi faceva scendere dal letto e mi conduceva fuori dall'hotel. Appena partiti, si rimise al telefono a chiamare il resto della famiglia. Era così emozionato. Non lo avevo mai visto sorridere così, e io potevo solo starmene lì seduto e ammirare quella sua bellissima fossetta. Allungai la mano, gli accarezzai la testa e lui mi diede una rapida occhiata prima di tornare a guardare la strada.

«Stai bene?», chiese mentre metteva giù il telefono in uno dei portabevande. «Mi sembri molto tranquillo».

Io alzai le spalle. «Sto benissimo. Mi aspettavo che sarei potuto impazzire. Ma sono semplicemente felice. Mi sento tranquillo. Pensi che sia strano?».

Lo era. Infatti non durò molto. Appena prima di arrivare nella stanza che le era stata assegnata, le sue contrazioni cominciarono a diventare davvero dolorose. Due ore dopo peggiorarono e si intensificarono. Catherine, la mamma del nostro bambino, afferrò forte la mano di Zayn.

«Brava, ce l'hai quasi fatta». La sua voce profonda era lenta e ritmica. Di sicuro era l'unica cosa che mi tratteneva dal mettermi a urlare.

Lui mi baciò le labbra e adagiò le spalle sullo schienale della sedia, senza lasciarle la mano.

Ti lascio ma restiamo amici || Larry&Zouis remakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora