Sul mio volto si allargò un sorriso mentre mi guardavo intorno ed esaminavo la mia stanza per l'ultima volta. Lo stavo facendo davvero, finalmente avrei vissuto la mia vita come volevo.
Ero cresciuto solo con mio padre, e gli volevo bene, ma lui non aveva la minima idea di cosa significasse essere un genitore. L'unica parte che aveva capito alla perfezione era quella relativa alla parola NO. Giuro che non è lo sfogo di un teen-ager piagnone: è il riassunto perfetto delle nostre conversazioni.
Mi stava sempre addosso, mi parlava solo di rado e pretendeva che fossi sempre perfetto. Certo, non potevo prendermela con lui se era fatto così: era entrato nei marines subito dopo il diploma, ed era davvero bravo nel suo lavoro. I ragazzi che si arruolavano nelle sue unità lo rispettavano e lui traboccava di orgoglio.
Mi ha fatto studiare in casa, dopo aver accettato il fatto che non avrei seguito le sue orme, quindi ogni giorno andavo a lavoro con lui e facevo i compiti nel suo ufficio. Non ci ho messo molto a imparare che era meglio non fare domande, se non ci capivo qualcosa. Perchè lui inarcava un sopracciglio, mi fissava, sospirava e si riconcentrava sul suo lavoro. Si aspettava che finissi i compiti prima degli addestramenti mattutini, in modo che potessi andarci anch'io con lui.
Ma non diceva mai una parola. L'unico vero rapporto personale, in tutta la mia vita, l'ho avuto con i suoi marines.
Se qualcuno me lo avesse chiesto avrei risposto senza esitazioni che sono stato cresciuto da un branco di soldati che io adoravo, e non da mio padre.
E adesso, dopo diciotto anni di fatiche e lotte per arrivare a una perfezione che agli occhi di mio padre non poteva essere comunque raggiunta, finalmente stavo per ottenere la libertà.
Sarei andato al college -chissà cosa mi attendeva!- e nel frattempo avrei scoperto chi ero davvero. O almeno così speravo. Avrei potuto benissimo frequentarne uno vicino a casa, ma dire che mio padre fosse severo è un eufemismo, e io volevo fare delle esperienza per lui inconcepibili, lo sapevo troppo bene.
<Sei sicuro di fare questo passo avanti, Louis? Ci sono delle ottime scuole in North Carolina>.
Non abbassai lo sguardo. <Ne sono sicuro al cento percento, Sir, è quello che ho bisogno di fare>. L'ho gia detto che potevo chiamarlo solo e soltanto Sir, ovvero Signore?
<Bene>. Guardò la finestra alle mie spalle. <Le cose saranno un po' diverse, da queste parti>. Si voltò e uscì dalla stanza.
E questo fu tutto. A essere onesti, era la conversazione più lunga che avessimo avuto nel corso degli ultimi mesi. Quattro frasi. Era davvero sorprendente: con i suoi ragazzi poteva parlare tutto il giorno, ma quando doveva scambiare qualche chiacchiera con me, dopo pochi minuti scappava dalla stanza.
Il telefono squillò e sorrisi di nuovo: i miei "fratelli", ovvero gli allievi di mio padre, non erano per niente contenti che stessi partendo per la California. Era dalla notte precedente che non mi davano tregua: chiamate, messaggi, appelli su Facebook. Mi scongiuravano di non andare.
Adesso che eravamo coetanei, e avevo anche qualche anno in più rispetto a qualcuno di loro, non mi trattavano più come un bambino da educare: mi vedevano come un fratello, un amico e mi insegnavano tutto ciò che dovevo sapere riguardo le ragazze.
Anche se, non avendo contatti con i miei coetanei, escludendo i soldati della mia età, non ero sicuro di quale fosse il mio orientamento sessuale.
Ho sempre trovato buffo il fatto che molti preferissero stare con me invece di svignarsela dalla base durante le libere uscite.
L. PAYNE: NON LASCIARMI! Andrò fuori di testa se non sarai qui a farmi compagnia.
IO: Sono sicuro che te la caverai alla grande, Payne. Anche Prokowski e Sander la stanno prendendo male, peggio degli altri... potete consolarvi a vicenda ;) oppure potete sempre buttarvi sulle sgualdrine della base. Di sicuro sapranno farvi compagnia meglio di me.
L. PAYNE: Mi viene l'herpes solo a pensarci.
IO: Ah! Accidenti. Devo andare, Sir ha finito di caricare in macchina le mie valigie.
L. PAYNE: Mi mancherai di brutto, Louis. Divertiti, non ti dimenticare di me.
IO: Mai.
Liam Payne aveva vent'anni e faceva parte dell'unità di Sir da un anno, più o meno. Avevamo legato molto, e in fretta. Era il mio migliore amico: se mi trovavo alla base durante una libera uscita, lui era sempre tra quelli che preferivano stare con me invece che andare a caccia di donne con gli amici.
Ero sempre triste ogni volta che uno dei ragazzi veniva trasferito da un' altra parte, in un'altra unità, o terminava il periodo di servizio nel corpo dei marines. Ma sono abbastanza sicuro che se fosse partito Liam... Lui sì che mi avrebbe spezzato il cuore, perciò la sua insistenza non mi sorprendeva affatto: era la sesta volta, nell'ultima ora, che mi chiedeva di non partire. Non avrebbe potuto trovare parole migliori, e anche lui mi sarebbe mancato di brutto.
Lanciai un'ultima occhiata alla casa in cui ero cresciuto, mentre raggiungevo Sir alla macchina. Quell'edificio non mi sarebbe mancato.
STAI LEGGENDO
Ti lascio ma restiamo amici || Larry&Zouis remake
FanfictionLouis ha diciotto anni ed è cresciuto in una base militare, sotto la rigida supervisione di suo padre, un marine severo e poco comunicativo. Ma finalmente è riuscito a spuntarla: farà l'università a San Diego, all'altro capo del paese, e potrà così...