Capitolo 2

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Capitolo 2

Trovo il coraggio di bussare alla porta. Mi apre una donna di nazionalità portoricana sulla cinquantina. Indossa una classica divisa da domestica blu con un grembiule bianco sopra per non sporcarsi, i capelli neri e folti sono arruffati e la fronte imperlata di sudore. "Non ci credo! Jack!" mi dice sorridendo mentre mi abbraccia forte.

"Nina!" la saluto io, ricambiando con affetto il suo caldo abbraccio.

Nina è stata la mia seconda madre o,perlomeno, ha sostituito in tutto e per tutto mia madre. L'unica a provare pena per me e a volermi bene davvero.

"Quando i tuoi genitori mi hanno raccontato che ti avevano preso per quel tirocinio presso il giornale di Boston... non puoi capire la mia felicità!"

Non vedo Nina dall'ultima volta che sono tornato a casa, circa tre natali fa. Forse per questo è ancor più contenta di rivedermi.

Ricordo che era uno di quegli anni freddi, poco dopo aver lasciato New York con Major e con il mio fidanzato di allora -Jared- ed ero parecchio agitato. Era la prima volta che portavo un mio fidanzato a casa a conoscere i miei. Jared era un tipo molto carino: alto,coi capelli ricci neri e folti, labbra carnose e rosse. La sua barbetta incolta, poi, gli donava un'aria da sexy tenebroso. E' stata la mia prima vera storia d'amore. Durata quasi due anni, mi ero illuso che potesse trattarsi della persona giusta con cui passare il resto della vita fino a quando un pomeriggio, rincasando prima dalla lezione, l'ho trovato a letto con uno dei colleghi della caffetteria dove lavorava.

I suoi tentativi di far pace fallirono, soprattutto perché "grazie" all'accaduto mi ero reso conto di non amarlo sul serio, ma di essermi solo invaghito dell'idea di avere un ragazzo che mi ricambiasse.

Quando arrivammo a casa,scoprii che i miei avevano invitato al cenone della vigilia i loro amici alto-borghesi, come i Robinson, i Ghembi e i Ramirez,quasi tutti avvocati o medici che amavano tantissimo trascorrere il tempo nella nostra casa.

Mio padre d'altronde era uno dei economisti più esperti ed accreditati degli Stati Uniti, per cui dal punto di vista finanziario mi sono sempre ritenuto fortunato non avendo conosciuto le limitazioni dei miei coetanei,visto che i miei mi hanno sempre comprato il meglio del meglio in vendita nei negozi.

Jared,invece,era in evidente imbarazzo, non avendo alcuna familiarità col mio mondo: figlio di un elettricista e di un'insegnante delle elementari eccezionali che avevano allevato con sacrificio tre bambini nonostante la modestia dei loro stipendi, aveva sempre dovuto lavorare per mantenersi.

Tuttavia,anche la mia strada è stata costantemente "in salita": nonostante il cospicuo conto in banca dei miei, una volta trasferitomi a New York ho trovato diversi lavoretti che mi hanno dato di che vivere e consentito di pagarmi la retta all'università (sebbene abbia dovuto richiedere diversi prestiti studenteschi per completare i miei studi). Ricordo di avere dormito poco durante il primo anno di corso,diviso com'ero fra tre diversi lavori -sia diurni che notturni- e la frequenza delle lezioni. E' stato un periodo particolarmente stressante.

Non appena i miei genitori conobbero Jared quel Natale cambiarono espressione, manifestando sin da subito il loro disappunto. Pensavano che fosse irrispettoso da parte mia metterli in imbarazzo di fronte ai loro amici intimi, portando con me il mio fidanzato.

Dopo che se ne furono andati tutti quanti, mia madre riempì il suo solito bicchiere di brandy mentre mio papà, salutato Mr. Robinson e sprangata la porta, imprecò verso di me urlandomi "MA CHE CAZZO SEI STUPIDO?".

Io rimasi lì inerme a guardarlo abbaiarmi gli insulti peggiori: "Stupido finocchio, che cazzo pensavi di fare portando questo...culattone in casa mia? Volevi farci diventare lo zimbello del vicinato?" e le sue parole mi ferirono più di un coltello conficcato nel petto. Mia madre,dal canto suo,si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

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